Cesare Prandelli è abbastanza intelligente da saperlo: archiviato il discorso qualificazione con due 2-2 non proprio onorevoli, il ct dell’Italia ora dovrà pensare solo ed esclusivamente al Mondiale e per farlo non potrà trascurare le amichevoli, ben tre da qui a marzo (più un paio tra fine maggio e inizio giugno), che serviranno da amalgama e preparazione alla rassegna iridata che si terrà in Brasile dal giugno prossimo. Perché se gli azzurri per la prima volta dal 1978 non saranno teste di serie in uno degli otto gironi la colpa da attribuire al nostro selezionatore non è tanto quella di aver pareggiato ieri sera con l’Armenia, quanto quella di aver preso sempre sottogamba le 17 amichevoli della sua gestione. Non basta affermare che “abbiamo disputato le qualificazioni europee e mondiali senza perdere una partita” se poi si pareggia contro l’Irlanda del Nord e l’Armenia, ma soprattutto se riusciamo a vincere appena 4 amichevoli (contro Ucraina, Spagna, Polonia e San Marino) perdendone otto (Costa d’Avorio, Irlanda, Uruguay, Stati Uniti, Russia, Inghilterra, Francia e Argentina) e pareggiandone cinque (contro Romania, Germania, Olanda, Brasile e Haiti).

Insomma, il famigerato ranking che determinerà le otto teste di serie passa anche dai dettagli e lo snobismo cronico con cui la nostra Nazionale ha da sempre affrontato i test non ufficiali alla fine ci ha penalizzato. Come detto ora è tempo di prepararsi in vista del Brasile e ogni impegno sarà determinante, Prandelli ne è ben consapevole: “Il gruppo mondiale non c’è ancora, ci saranno ancora mesi di valutazione, ogni partita mi servirà a dare giudizi non solo tecnici ma anche caratteriali. Ci saranno tante considerazioni da fare“. Dunque ben vengano le partite contro Germania, Nigeria e Spagna, anche perché tedeschi e iberici potremmo ritrovarceli poi nei gironi; un’eventualità che non spaventa il tecnico bergamasco bresciano:

“Non sono deluso, l’obiettivo era la qualificazione ma in due giorni la cosa più importante è diventata essere una testa di serie. Agli Europei non lo eravamo e siamo arrivati secondi, non ci dobbiamo far condizionare. Il fatto di non essere testa di serie però non mi preoccupa”.

Intanto però siamo fuori dalla top-eight in cui da mesi ambivamo essere, fatto che per molti rappresenta un vantaggio piuttosto che una iattura: è ancora vivido il ricordo della figuraccia senza eguali di tre anni fa in Sudafrica quando riuscimmo a farci sbattere fuori nonostante un girone “ridicolo” con Paraguay, Slovacchia e Nuova Zelanda. La morale di tutta questa storia è un enorme ritratto di quel che eravamo, siamo e saremo: dei superficiali che prendono sotto gamba gli impegni sulla carta facili salvo poi cacciare fuori carattere e grinta nelle partite che servono. Qualità che servono per fare bene, non per vincere (gli “argenti” a Usa ’94, Euro 2000 e nello scorso europeo insegnano) perché la rincorsa spesso lascia il fiatone: solo in un’occasione, negli ultimi trent’anni, abbiamo fatto le cose per benino sin dall’inizio e i risultati sono stati evidenti. Ci riferiamo alla preparazione di Germania 2006 quando ci presentammo ai Mondiali con gli scalpi “amichevoli” di Olanda e Germania e non steccammo quando il gioco si fece duro. Per Prandelli ora comincia il difficile.

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ultimo aggiornamento: 16-10-2013


Rassegna stampa 16 ottobre 2013: prime pagine di Gazzetta, Corriere e Tuttosport

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