Marzo 2009, José Mourinho alla vigilia delle semifinali di Coppa Italia, poi perse, dell’Inter contro la Sampdoria si esibì in quella che forse è stata la più leggendarie delle conferenze stampe della sua esperienza italiana: fu allora che parlò di “prostituzione intellettuale” e sempre in quell’occasione attaccò in qualche modo Milan e Roma che nonostante tutto sarebbero rimaste con “zeru tituli“. Nessun trofeo, proprio come non è mai stato abituato lui, lo Special One che dalla stagione 2002/2003, la prima fin dal ritiro estivo col Porto, mai è rimasto a bocca asciutta. Qualche passaggio a vuoto lo ha fatto, come l’anno scorso quando poté sbandierare solo la Supercoppa di Spagna conquistata a inizio anno, ma in fondo il minimo sindacale per un vincente come lui lo aveva sempre portato a casa. Fino a quest’anno.

L’esperienza Chelsea-bis non ne ha logorato l’appeal e la voglia di cercare la polemica, piuttosto ha sancito per la prima volta in undici anni di onorevolissima carriera una totale, incredibile, assenza di trofei da esibire in bacheca. Dopo lo 0-0 col Norwich, e la vittoria di ieri del Manchester City sull’Aston Villa, i Blues hanno sancito matematicamente l’impossibilità di puntare al titolo; allo stesso modo avevano abbandonato la Champions League al penultimo atto (per il lusitano quarta semifinale di fila persa dopo il trionfo con l’Inter) contro l’Atletico Madrid, mentre già ad agosto in quel di Praga avevano dovuto depennare il primo obiettivo stagionale perdendo contro il Bayern Monaco nella Supercoppa Europa. Non è andata meglio poi nelle coppe inglesi, fuori dall’FA Cup per mano dei Citizens e dalla Coppa di Lega ad opera del Sunderland.

Strano veder alzarsi la bandiera bianca quando si tratta di Mourinho, eppure questa volta ha dovuto ingoiare il bocconcino amaro e meditare sugli errori commessi; contro il Norwich l’ennesima prova scialba del reparto offensivo, con tutta la squadra per altro scarica e a corto di motivazioni. Lo aveva ammesso lo stesso Mou a bocce ferme:

“Quando perdi una semifinale di Champions League e non sei realisticamente in corsa per il titolo, le energie mentali spariscono. Questo si è visto nella nostra prestazione. Il reparto offensivo? I nostri attaccanti sono buoni attaccanti, ma sono calciatori con caratteristiche specifiche, non sono giocatori che riescono a prendere il pallone negli ultimi cinque metri, dribblare e fare gol. Ci manca un po’ di qualità in attacco”.

In ogni modo il tecnico di Setubal non si fascia la testa ed è convinto di aver fatto un ottimo lavoro:

“Il mio problema è che ho fissato standard troppo alti. Nessuno ha vinto come me. Dopo l’Inter del triplete, l’apice della mia carriera, ho comunque vinto una Liga, una Copa del Rey e una supercoppa spagnola, sempre contro la squadra più forte del mondo. E anche quest’anno ho lottato fino in fondo nelle due competizioni più importanti”.

Zeru tituli, Mourinho. Come ci si sente?

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ultimo aggiornamento: 08-05-2014


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