Il Consiglio Federale della Figc ha preso una decisione che segnerà praticamente la fine di un’era per quanto riguarda il calciomercato nel nostro paese. Le comproprietà, o compartecipazioni, un’operazione di mercato che permette ad una squadra di acquistare il 50% del cartellino di un giocatore con la possibilità di accordarsi per il prezzo con il quale acquistare l’altro 50% al termine della stagione (un tipo di trattativa esistente soltanto in Italia), sono state abolite.

Con questa decisione, il Consiglio Federale ha quindi accolto il consiglio dell’UEFA, un invito al quale avevano risposto favorevolmente già Inghilterra e Francia.

I contratti di compartecipazione non saranno più possibili a partire dalla stagione 2014/15. Per quanto riguarda, invece, le comproprietà in corso, la Figc ha optato per una norma transitoria che permetterà alle squadre di rinnovare le compartecipazione anche per la prossima stagione.

Un monito affinché l’Italia dicesse stop alle comproprietà venne da Michel Platini, presidente dell’UEFA, che affermò che questo tipo di trattativa impedisce al giocatore di avere voce in capitolo sul proprio destino e che si tratta di un’operazione favorevole ad “agenti e opachi investitori”.

Giancarlo Abete, presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio, invece, dopo aver affermato che la decisione della FIGC non è stata accettata all’unanimità dai vari club, ha dichiarato che le comproprietà non saranno più possibili in quanto rappresentano un evidente “atipicità nel quadro normativo europeo e in quello fiscale”.

Come tutte le scelte epocali, anche in questo caso si tratta di una decisione che ha i propri pro e contro.

Se da una parte, l’abolizione delle compartecipazioni contribuirà a semplificare notevolmente il sistema (attualmente in ballo ci sono 164 comproprietà), portando maggiore limpidezza soprattutto per quanto riguarda la regolarità di alcuni contratti e i bilanci, dall’altra questa decisione potrebbe risultare sfavorevole alle società che non usano la comproprietà solo come mero strumento finanziario per sistemare i bilanci.

Da questo punto di vista, gli esempi sono molteplici.

Una squadra che non ha la possibilità di acquistare un cartellino intero di un giocatore sarà costretta ad optare per la soluzione del prestito. In caso di stagione favorevole del giocatore in questione, al termine dell’anno, si ripresenterebbe il medesimo problema e la società proprietaria del cartellino si riporterebbe a casa il giocatore senza alcun problema. Per avere un beneficio economico, quindi, i club “piccoli” potrebbero ripiegare su giocatori, magari da prendere all’estero, a basso costo.

La compartecipazione, inoltre, è sempre stata un’ottima mossa per piazzare qualche contropartita tecnica in importanti operazioni di mercato. Da oggi in poi, se una squadra dovesse scegliere di inserire un giocatore in una trattativa senza avere la volontà di liberarsene definitivamente, sarà costretta o a cedere l’intero cartellino o a offrire il calciatore in prestito, un’opzione ovviamente non vantaggiosa per l’altra parte.

La comproprietà, infine, si è sempre rivelata un buon mezzo per un club per far valorizzare i propri giovani in un’altra squadra che, di tutta risposta, potevano anche trarre dall’operazione un beneficio economico oltre che sportivo. Con il semplice prestito, come già scritto, non sarà più possibile.

Le comproprietà, quindi, non erano certo il male assoluto del calciomercato italiano. E’ stato il suo utilizzo a volte “improprio”, giusto per usare un eufemismo, ad aver indispettito la Uefa e la Figc, quindi, si è ritrovata costretta a intervenire.

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