Jakub Blaszczykowski è uno che nella vita è abituato a combattere, non a caso il suo soprannome è il “guerriero”. L’esterno polacco del Borussia Dortmund negli ultimi dodici mesi ha combattuto una delle battaglie più dure per un calciatore in attività, quella contro un brutto infortunio come può essere la rottura dei legamenti. Era il 25 gennaio 2014 quando durante la partita contro l’Augsburg quando il crociato del suo ginocchio sinistro saltò. Da allora tanta riabilitazione, nell’attesa di poter tornare in campo e dare il suo contributo in una stagione non semplice per i gialloneri. La fine del calvario è arrivata lo scorso 13 dicembre, quando al 35′ del primo tempo è entrato in campo al posto dell’infortunato Mkhitaryan, la sua presenza non è bastata a evitare la sconfitta contro l’Herta Berlino.

Ma nella sua vita Kuba, il nomignolo che portava anche sulle spalle fino ad un paio di stagioni fa, ha dovuto affrontare sfide ben più difficili. Alla soglia dei trent’anni ha deciso di voler raccontare un po’ della sua vita e a maggio uscirà la sua autobiografia, scritta a quattro mani con la giornalista polacca Malgorzata Domagalik. In queste pagine viene raccontato anche un episodio drammatico della sua infanzia, l’omicidio di sua madre da parte del padre, il tutto davanti ai suoi occhi, quando aveva appena undici anni. Già prima degli Europei del 2012 aveva affrontato il tema, in questo libro però scenderà ancora più in profondità. Lo ha raccontato in un’intervista a Die Welt:

Nella mia autobiografia racconto tutto quello che ho vissuto, quindi anche di quando sono stato testimone dell’omicidio commesso da mio padre ai danni di mia madre. Non è facile. Ma è un episodio che non dimentico e che non dimenticherò. Fa parte di me. Sono stato testimone oculare di quella barbarie, da quel giorno la mia vita è cambiata, ho preferito allontanarmi da tutto e tutti. Penso però di aver acquisito da allora molta forza d’animo, ogni cosa brutta che potrebbe capitarmi in futuro non sarà mai paragonabile a quell’episodio.

Il padre di Jakob, Zygmunt, colpì con una coltellata la madre, la ferita inferta si dimostrò fatale. Il piccolo Blaszczykowski è stato da allora cresciuto come un figlio dalla nonna Felicja, sotto l’attento sguardo dello zio Jerzy Brz?czek, anche lui calciatore professionista in Polonia. Sono queste le figure a cui è più riconoscente:

Mia nonna ha cresciuto me e i miei fratelli come se fossimo suoi figli, mio zio invece mi ha plasmato completamente, avendo già esperienza nel calcio essendo un ex nazionale polacco.

Nonostante la brutta storia che ha segnato la sua infanzia Blaszczykowski si ritiene un uomo fortunato, la sua vita è proprio come l’aveva sognata, guadagna facendo la cosa che gli piace di più: giocare a calcio. Questa voglia lo ha divorato negli ultimi mesi e non vede l’ora di tornare al massimo della forma per contribuire con i suoi gol alla risalita del Borussia. Un obbiettivo che si dice certo sarà centrato:

Sono contento che il ginocchio non mi faccia più male. Sono contento di aiutare i miei compagni. Usciremo da questa crisi. Il passato è passato, pensiamo al presente. Sappiamo che possiamo farcela. Questa storia avrà un finale allegro.

Se lo dice un guerriero allora forse c’è da crederci.

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ultimo aggiornamento: 16-01-2015


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