E’ nato prima l’uovo o la gallina? Irrisolto dilemma che irrompe anche nel mondo del pallone: il calcio sopravvive grazie ai soldi delle televisioni o è vero l’esatto contrario? La questione si ripropone in questi giorni dopo la polemica tra Ilaria D’Amico, volto noto di Sky Sport, e il Napoli per via delle interviste post-partita di sabato scorso quando Rafa Benitez stava rispondendo alle domande dei giornalisti presenti in studio, salvo scomparire improvvisamente perché richiamato all’ordine dall’addetto stampa del club campano. La D’Amico in diretta televisiva ha attaccato duramente la società di De Laurentiis (con cui i rapporti non sono mai stati buoni, come nel “caso Alciato“, qui i dettagli):

“Non è accettabile che l’ufficio stampa porti via Benitez in maniera così frettolosa. Avevamo ancora un minuto e 35 secondi, ci vuole rispetto. Chiederemo spiegazioni al Napoli”.

E la replica in effetti non si è fatta attendere. Anzi, Nicola Lombardo, Addetto alla Comunicazione degli azzurri, ha scritto una lunga nota per spiegare l’episodio. Non solo, ha fatto anche una disamina sul rapporto che intercorre tra gli allenatori al fischio finale delle partite e il mondo del giornalismo:

“Gli allenatori, al termine delle partite, devono sostenere una raffica di interviste obbligatorie. L’elenco è scandito da regole ferree, che impongono agli Uffici Comunicazione delle società di portare gli allenatori nell’ordine a: Sky, Mediaset, Rai, a volte Cielo e altri canali che abbiano preso i diritti, Radio Rai e infine, buoni ultimi, ai giornalisti della carta stampata nella classica conferenza stampa. Un’operazione che dura tra i 55 e i 70 minuti. Nello specifico, Sky, avendo pagato di più di altri i diritti per la trasmissione degli eventi, può obbligare il Benitez di turno a stare fino a 30 minuti di fronte alle telecamere. Nel senso che l’intervistato deve aspettare qualsiasi loro esigenza. Deve aspettare se viene data la parola ad altri allenatori, ai commentatori, a chiunque la regia ritenga opportuno. E’ nelle regole. All’interno di questi 30 minuti, l’intervista deve durare al massimo 7 minuti. Quando comincia, come è successo sabato, il responsabile della Comunicazione controlla i tempi. Come lo fa? Affidandosi a un “cronometrista” della Lega Calcio, sempre al suo fianco”.

Chiarito il regolamento, comincia ad affrontare i dettagli:

“Sono intervenuto portando via Benitez, in modo educato e limitandomi a dire che il tempo era scaduto, su segnalazione della Lega che mi ha indicato che i 7 minuti erano abbondantemente passati. Nessuna scorrettezza da parte nostra. Un problema analogo è accaduto con Mediaset subito dopo. Al termine dell’intervista di Benitez, durata certamente più dei 7 minuti previsti, dopo che l’allenatore aveva salutato, Mediaset ha messo in onda un collegamento a sorpresa con il giornalista Pardo e un calciatore. Il mio atteggiamento è stato ancora più fermo che nei confronti di Sky. A questo punto chiediamo alla Lega Calcio che ci rappresenta e che deve essere arbitro di quanto succede nei pre e nei post partita, di essere vigile sul rispetto delle regole da parte dei broadcasters e di prendere i necessari provvedimenti in caso di mancato rispetto delle regole”.

Lombardo chiude con un’osservazione, quella appunto di chi ha più bisogno di chi: “Le televisioni contribuiscono parzialmente a creare economia nel calcio, ma senza l’economia che il calcio produce per le stesse pay tv, queste non esisterebbero“.

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ultimo aggiornamento: 16-09-2013


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