Prendete un uomo d’altri tempi, un calciatore degli anni ’50 e inseritelo in un contesto come il calcio contemporaneo. Questo è Miroslav Klose, attaccante tedesco della Lazio catapultato in un mondo più attento alla forma che alla sostanza, in un calcio dove i curatori d’immagine hanno acquisito più importanza degli allenamenti al centro sportivo. Klose si tira fuori e a leggere la sua intervista è un po’ come addentrarsi nella storia di un uomo fuori dal tempo. Un professionista e una persona normale in un ambiente in cui la serietà e la normalità sono merce sempre più rara. Un esempio? In questa stagione ha accettato senza dire una parola le decisioni di Stefano Pioli ed è partito spesso dalla panchina, lasciando spazio al nuovo arrivato, Filip Djordjevic.

Klose si trovava a Berlino per la prima di “Die Mannschaft” (“La squadra”), il film sulla sulla Germania campione del mondo. Il calciatore ha segnato con la Nazionale tedesca per il quarto Mondiale di fila ed ha superato Ronaldo nella classifica marcatori della storia del Mondiale (16). In un’intervista a GQ (che lo ha eletto “uomo dell’anno in Germania”) il calciatore teutonico rivela il suo personale pensiero riguardo ai social network. Un’opinione piuttosto disinteressata, senza dubbio una voce fuori dal coro per un personaggio famoso:

“Non ho bisogno di mettere in scena la mia vita. Ci sono probabilmente centinaia di profili con il mio nome, ma non sono io ovviamente. Penso che non sia così interessante mostrare cosa faccio nella mia vita privata. Ci sarà davvero qualcuno che vuole vedere come mangio, come bevo o come gioco con i miei figli? Non credo”.

Klose racconta aneddoti della sua infanzia che vanno al di là dell’aspetto puramente calcistico, storie di vita comune:

“Nel calcio tanti ragazzi rubano i segreti del mestiere in fretta. Quando ero piccolo io, ero abbastanza disorientato. I calciatori imparano la tattica già nelle scuole calcio, con modelli che apparentemente portano al successo. Però ci sono cose nella vita che non si imparano nelle scuole. La voglia di migliorare dentro non te la insegna nessuno”.

Da falegname a calciatore. L’umiltà acquisita con il tempo nasce anche dalle sue origini, mai dimenticate. Un periodo di 3 anni come apprendista-falegname che Klose ricorda con orgoglio:

“Dopo la scuola ho trascorso tre anni come apprendista presso un falegname. È stato un periodo importante che mi ha plasmato. Passavo giorni e giorni in piedi in garage a tagliare il legno, a ordinarlo per poi montarlo sui tetti delle case. Da quel momento ho capito il risultato degli sforzi compiuti. La cosa importante è essere in grado di vedere i risultati per rendersi conto della qualità del lavoro svolto”.

Klose è particolarmente rispettato dai compagni di squadra, ma anche dagli avversari. Il brasiliano Honorato Ederson si è recentemente raccontato a 360 gradi sulle pagine del portale Globoesporte e a precisa domanda sul suo rapporto con il tedesco non ha lesinato parole di stima nei suoi confronti:

“Miro è un ottimo professionista. Una delle persone migliori con cui ho lavorato, esemplare sotto tutti gli aspetti. Cerco di parlare molto con lui, chiedendogli consigli e osservando come si comporta. Oltre ad essere un grande giocatore è un esempio anche fuori dal campo. Un modello per tutti i giovani”.

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ultimo aggiornamento: 12-11-2014


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