Roberto Carlos oggi fa l’allenatore in Turchia, siede sulla panchina del Sivasspor con scarsa fortuna, ma dall’alto della sua ventennale esperienza a solcare la fascia sinistra del rettangolo verde, ogni volta che qualche giornalista ha il piacere di intervistarlo, allora escon fuori chicche e ricordi non banali; innanzitutto si evince che il 41enne di Garça (stato di San Paolo) è un ragazzo con la testa sulle spalle che ha già le idee chiare per il suo futuro da allenatore (“Prima voglio crescere e formarmi in Turchia, Grecia… Noi non possiamo sbagliare, basti vedere com’è andata a Seedorf“) e che ama ancora alla follia il “suo” Real Madrid, squadra con cui ha giocato diventando una star internazionale per dodici anni.

Le merengues lo acquistarono nel 1997 dall’Inter, nella capitale iberica lo volle Fabio Capello quell’anno tecnico dei blancos; a distanza di anni ricorda il suo unico anno in nerazzurro (fu acquistato per 10 miliardi di lire dal Palmeiras), 34 presenze e 7 gol in tutte le competizioni, ottimo impatto ma equivoci tattici che alla fine convinsero Massimo Moratti a cederlo in Spagna per 7 miliardi, con la benedizioni di Roy Hodgson che ritenendolo indisciplinato sul terreno di gioco gli preferì Alessandro Pistone. Il campionissimo verdeoro ricorda serenamente quella stagione alla Pinetina ai microfoni di Perform:

“A Milano sono stato molto bene. Però per fortuna me ne andai, altrimenti non avrei giocato per dodici anni con il Real Madrid. Di sicuro è stato bello giocare per l’Inter, dicono che sono stato poco ed è vero. Ma io non volevo perdere il posto in Nazionale. Mancava poco alla Copa America e Roy Hodgson mi schierava continuamente come attaccante esterno; io non potevo fare la punta, perché sono troppo basso. La Copa America era dietro l’angolo, io volevo esserci a tutti i costi e pensai che non sarei stato convocato se avessi continuato a essere impiegato come attaccante. Anche mia madre a un certo punto mi chiamò e mi disse: ‘Perché stai facendo l’attaccante? Tu in Nazionale sei un terzino sinistro'”.

Così dopo un avvio di stagione spumeggiante, condito con tanti gol tutti in autunno, alla fine Hodgson provò a indietreggiarlo ma non fu convinto dal rendimento del brasiliano; continua Roberto Carlos:

“Chiamai Moratti e lo implorai di convincere Hodgson a riportarmi in difesa. Lui mi disse che io spingevo troppo e di solito i terzini in Italia sono più difensivi di me. Allora gli chiesi di essere ceduto e il giorno dopo Capello chiamò Moratti, dicendogli che mi voleva al Real Madrid. E Moratti fu veramente gentile a capire che io potevo scrivere la storia del calcio soltanto giocando come terzino sinistro”.

La caparbia di un giocatore nel difendere le proprie attitudini calcistiche, la poca lungimiranza di un allenatore nel valutare le caratteristiche tecniche di uno dei suoi ragazzi, la leggerezza estrema con la quale un presidente si priva di un potenziale campione: come successe alla Juve con Thierry Henry, così Roberto Carlos è diventato un fuoriclasse simbolo a cavallo del nuovo millennio.

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ultimo aggiornamento: 18-12-2014


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