Arrigo Sacchi rilascia una lunga intervista a LaPresse e fa subito discutere: l’ex tecnico del Milan e ct della nazionale italiana seconda ai Mondiali di Usa ’94, non le manda a dire alla ‘politica’ della Juventus, che sarebbe volta solamente a vincere in Italia. Parafrasando il motto storico del club bianconero (“Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”), Sacchi sostiene che a Torino abbiano smarrito sostanzialmente la via della ricerca del gioco, senza la quale in Europa non si va da nessuna parte:

“La Juve – dice Sacchi – è dieci anni avanti a tutte le altre per coesione e competenza. Il suo limite sono i verbi. Noi al Milan ne coniugavamo tre: vincere, convincere, divertire. La Juventus ne coniuga uno: vincere. È una debolezza. Si dirà: ‘Ma in Italia continua a vincere’. E io dirò: anche il Rosenborg vince sempre lo scudetto in Norvegia. Ma cosa conta è la Champions League e in Europa la Juventus fatica”.

Insomma, Sacchi non è affatto tenero con la Vecchia Signora, così come non lo è nei confronti di Massimiliano Allegri, tecnico con il quale ha avuto anche alcuni diverbi in diretta TV:

“Io divido gli allenatori in tre categorie. La prima è quella che comprende un piccolo drappello di geni, di innovatori, che mettono il gioco al centro del loro progetto. La seconda è quella degli orecchianti che seguono la moda senza sapere un granché. La terza riguarda quelli orgogliosamente aggrappati al passato, che fanno della tattica esasperata il loro modus operandi, che sono ingessati a un solo sistema di gioco. Max è una via di mezzo tra le prime due: è un grande tattico, sa cambiare in corsa, però non deve accontentarsi solo di vincere”.

Va meglio ad Antonio Conte, anche se Sacchi ha da ridire anche sul modus operandi del tecnico leccese, attualmente ct della nazionale italiana e prossimo manager del Chelsea:

“Conte è un autentico fenomeno, deve solo spogliarsi di una certa italianità. Che significa essere più coerente. Il calcio totale non ha molto a che vedere con l’italianità. Io Antonio l’ho visto allenare: ha idee chiare, talento, inventiva. È ora che si tolga di dosso la paura. Basta giocare con la sindrome di Pollicino addosso: palla a noi, non agli altri”.

Tra le nuove “leve” della panchina, Sacchi incorona i vari Di Francesco, Spalletti, Sarri, Paulo Sousa e Giampaolo, mentre l’exploit di Ranieri in Inghilterra non lo convince:

“Stiamo uscendo dalla dittatura tattica del primo non prenderle. Oggi c’è un gruppo di tecnici che porta avanti un’idea diversa di calcio. Chi sono gli eletti? Di Francesco, Spalletti, Sarri, Paulo Sousa, Giampaolo. A Napoli, in curva, nel settore più passionale, ho letto uno striscione che pressapoco recitava così: ci fate talmente divertire che qualsiasi risultato ci va bene. In fondo, il calcio è lo specchio della vita. Ranieri? Sta facendo un capolavoro ma con un tipo di calcio non armonioso. È un grande tattico, sfrutta le sue qualità al meglio. Ancelotti è diverso e il fatto che abbia sempre avuto a disposizione dei campioni non significa nulla. Guardate come è messo ora il Real con gli stessi giocatori”.

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ultimo aggiornamento: 09-03-2016


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Rassegna stampa 10 marzo 2016: prime pagine Gazzetta, Corriere e Tuttosport