Cosa poteva fare Dimitar Berbatov quando è entrato sul terreno di gioco di Upton Park con la sua squadra sotto di tre gol? Ci ha provato, ma alla fine il Fulham ha perso comunque per 3-0 contro il West Ham in quello che il bulgaro non ricorderà di certo come l’esordio dei suoi sogni (per la cronaca è subentrato a Petric ad inizio secondo tempo). Di sicuro ci si aspettava di più da lui quest’oggi e questa volta Berbatov non ha fallito l’appuntamento: nella conferenza stampa da lui stesso indetta in quel di Sofia, l’attaccante ex Manchester United non si è nascosto e ha spiegato tout-court i motivi che lo hanno indotto a scegliere i Cottagers (a discapito di Fiorentina e Juve). Innanzitutto rifiuta di sentire la parola tradimento:

“Per qualcuno il Fulham è una piccola squadra ma io stesso forse non sono la stessa persona di due anni fa. C’erano alcuni club che mi volevano, ma non ho mai preso alcun impegno con nessuno. Ho detto sì al Fulham, e non ho mai detto alle altre due società (Fiorentina e Juventus, ndr), che hanno pianto come se fossero state tradite, che avrei giocato per loro. Scelgo io dove giocare. Capisco che la Fiorentina sia delusa, quando una cosa non va in porto ci si può sentire offesi, ma io penso ai miei interessi e ascolto le persone che mi sono più vicine”.

Il riferimento è al suo procuratore Emil Dantchev e soprattutto alla sua famiglia. Berbatov a riguardo scende nei dettagli:

“Ho scelto di tornare in Inghilterra per motivi di famiglia. Io so dove la mia famiglia si trova meglio. Ho un figlio piccolo, e ne avrò un altro. Se non avete una spiegazione logica per la mia scelta, io non posso farci niente. L’Inghilterra mi piace, amo la sua cultura e parlo la lingua, e soprattutto la mia famiglia ci si trova bene. Poi vorrei puntualizzare una cosa, non morirò se non gioco la Champions, voglio soltanto giocare e divertirmi”.

E continuare a guadagnare sui suoi standard: se è vero che si è ridotto l’ingaggio di circa 60mila sterline a settimana, al Fulham ne guadagnerà comunque 70mila (col tetto ingaggio dei londinesi da anni fermo a quota 50mila), cioè circa 4,2 milioni di euro all’anno a fronte degli scarsi due offerti da Fiorentina e Juve (e poi fino a prova contraria il bulgaro era salito sull’aereo diretto a Peretola e messogli a disposizioni dai viola, a dimostrazione che prima che irrompesse Jol con un’offerta due volte, e più, maggiore l’Italia era destinazione gradita o quanto meno accettata). Ma tant’è, il discorso si sposta sui Red Devils e soprattutto sul loro manager Sir Alex Ferguson; il centravanti non le manda a dire all’allenatore scozzese:

“Non penso di aver meritato il trattamento che mi ha riservato lo United, dove ormai da qualche tempo non giocavo più con continuità. Sono andato 10, 15 volte dall’allenatore a chiedere se aveva ancora bisogno di me e ogni volta mi diceva che ero importante, che non dovevo andare via ma poi mi lasciava sempre fuori. Forse sarei dovuto andare via già dopo che mi aveva escluso dalla finale di Champions del 2011. So che Ferguson è il boss, ma ha perso il mio rispetto per come mi ha trattato. Ha provato a spiegarmi che la squadra avrebbe adottato uno stile di gioco più rapido, ma io non sono mai stato tra i giocatori più veloci, a me piace tenere la palla, è il mio modo di giocare. E’ stata dura accettare di dover andare mia ma ho ancora la mia dignità. Ho detto addio alla gente che se lo merita, non a Ferguson”.

Negli ultimi giorni si parlava anche della possibilità che Berbatov avrebbe potuto tornare ad indossare la maglia della Bulgaria, tra l’altro impegnata proprio contro l’Italia venerdì prossimo a Sofia: “Non gioco in Nazionale da 2 anni, è tempo di dare spazio ad altri. Auguro il meglio alla squadra” ha chiosato categorico il nuovo attaccante del Fulham. Capitolo chiuso. Anzi, tanti capitoli chiusi.

Foto | © TMNews

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