Tutti gli amanti del calcio lo sanno: la Liga Spagnola è divenuto negli ultimi anni un campionato bello ed appassionante. La squadre spagnole fanno molto spesso la parte del leone nelle coppe europee, rafforzando la loro presenza nelle fasi finali delle competizioni e collezionando successi.

I fenomeni di “migrazione” dei calciatori che solitamente si muovevano dalla Spagna verso altri paesi, Italia compresa, hanno invertito il loro percorso. La frequenza con la quale grandi campioni accettano le offerte, spesso faraoniche, delle squadre spagnole dimostra l’accresciuto fascino della Liga e delle squadre che vi partecipano. Anche giocatori italiani come Fabio Cannavaro e Gianluca Zambrotta decidono di andare a giocare in Spagna.

La recentissima decisione della RFEF, la Federcalcio spagnola, di fare da apripista iniziando ad equiparare i giocatori Africani proveniente da paesi aderenti la Convenzione di Cotonou a quelli comunitari è però un altro segnale di come le squadre spagnole, con l’aiuto delle istituzioni sportive e non solo, stiano facendo concorrenza sleale alle squadre degli altri paesi.

Da quando per degli atleti, considerati “lavoratori stranieri“, vige un regime di fiscalità agevolato che consente di pagare un’aliquota fissa del 24% sugli stipendi milionari, le società di calcio spagnole possono permettersi di offrire ingaggi che non hanno rivali sul mercato europeo.
L’agevolazione, che dura 5 anni per ogni “lavoratore”, rende particolarmente conveniente per i calciatori andare in Spagna. Il Milan per “permettersi” il lusso di schierare Kakà deve versare annualmente quasi 13 mln di euro all’anno fra le tasse (al 43%) e il netto che effettivamente finisce nelle tasche del giocatore.

Se il Real Madrid decidesse di investire la stessa identica somma potrebbe destinarne 2 in più al calciatore, aumentando le ragioni per le quali il brasiliano trova già ora “stimolante” l’idea futuribile di un’esperienza spagnola nella sua carriera.

Giuseppe Rossi, il talento italiano finito in Spagna, non poteva essere ingaggiato dalla Fiorentina di Della Valle perchè l’imprenditore marchigiano avrebbe dovuto violare il “tetto ingaggi” per garantirgli lo stipendio che il Villareal sgancia sull’unghia (1.3 mln l’anno).

Per il momento l’Unione Europea ha messo “sotto osservazione” questa politica fiscale, ma non sembra avere fretta di agire.

Dal canto loro l’Uefa e la Fifa, che dovrebbero tutelare la corretta competizione e che a parole si dicono preoccupate della diminuzione dei talenti calcistici autoctoni e dei vivai in molti paesi europei, non fanno nulla e ora consentono proprio alle società spagnole di tesserare un numero maggiore di extracomunitari.

Cosa ci attende ancora?
L’autorizzazione a montare porte più strette per le squadre spagnole che giocano nelle Coppe?

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