Il Libro di Luciano Moggi, “Un Calcio nel Cuore“, è stato presentato ieri come vi avevamo annunciato. Big Luciano aveva promesso grandi rivelazioni, ma i 90 minuti “di fuoco”, sono stati una sostanziale delusione per tutti i convenuti che hanno seguito la strategia mediatica del presunto burattinaio della Cupola di Calciopoli dopo le sentenze della Giustizia Sportiva.

L’ex Direttore Generale della Juventus si lancia in un’accorata autodifesa che punta sull’usuale leit-motiv del “così fan tutti“, parafrasi del titolo del dramma giocoso di Mozart, o del celebre film erotico di Tinto Brass, se preferite. I toni sono da melodramma, la sua rabbia certamente sincera:

“Sono stato un capro espiatorio per cambiare le cose senza cambiare nulla, dovevo controllare un mondo popolato di diavoli e non certamente di santi, un bordello senza vergini, quello che ho fatto e detto io al telefono appartiene alla cultura calcistica di tutte le società e di tutti i dirigenti”

Fin troppo facile per Moggi attaccare l’unico Processo che si sia effettivamente celebrato fino ad ora così come raccontare nuovamente dei retroscena sugli abboccamenti fra lui, Inter e Milan che volevano “assoldarlo” nel suo periodo d’oro:

“Il processo sportivo è stata un’autentica barzelletta. Lo stesso professor Serio (Ndr, membro della corte federale) ha ammesso che si era tenuto conto dell’onda popolare. E tutto quello che avevo dichiarato io fin dall’inizio si sta avverando, sono convinto di uscire a testa alta dai processi penali di Napoli e Roma. […]In quegli anni tutti mi volevano, Moratti, Berlusconi e i miei rapporti con Galliani erano e restano ottimi”


Tira dentro tutti Moggi sulla questione dei contatti fra dirigenti e mondo arbitrale, attacca l’Inter (l’unica società “sordomuta”), l’odiato Franco Carraro (ancora al suo posto negli organismi Uefa), Pierluigi Collina per la sua scarsa professionalità e alla fine dice solo un paio di cose nuove, ma molto interessanti.

Prima di tutto un ripensamento sulla decisione di dimettersi nelle fasi iniziali dello scandalo:

“Se avessi saputo come si sarebbe difesa la Juve, non avrei mai dato le dimissioni, John Elkann che ci ha scaricati immediatamente e la proprietà della Juve ha ammesso tutto quello che veniva contestato dalla frettolosa giustizia sportiva senza sapere neppure cosa ammetteva

Infine un’ammissione, buttata lì, fra le righe delle tante affermazioni già sentite:

“Le mie erano chiacchiere tra amici prima di una partita, qual è il reato? È vero, ho comprato delle schede straniere e le ho distribuite, ma questo non è un reato”

Insomma, ora le schede straniere ci sono, sono state comprate e “distribuite“. A chi? Secondo i Pm Beatrice e Narducci direttamente agli Arbitri delle gare, secondo Moggi?

Luciano non lo dice e non scommetterei un euro sul fatto riveli i nomi di questi “destinatari” nel libro scritto insieme a Enzo Bucchioni, ma non si sa mai.

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