Il calcio inglese in questi ultimi tempi è diventato un boccone prelibato per i ricconi di mezzo mondo. Si è scatenata una sorta di corsa all’oro che ha portato molte società, otto fin’ora, fra le mani di magnati stranieri.
Le casse della Premier League si sono rimpinguate con buona pace dei tifosi che spesso non hanno accolto con gioia l’arrivo dello straniero fra le loro mura.

Il primo in ordine cronologico, lo ricordiamo tutti, fu Abramovich che, diventando padrone del Chelsea, iniziò a investire cifre spropositate per costruire una squadra competitiva. Dopo di lui sono arrivati gli americani che hanno acquistato il Manchester United prima, il Liverpool e l’Aston Villa poi. A questi si aggiungono gli islandesi proprietari del West Ham dopo la breve parentesi, ricca di problemi, iraniana degli Hammers. Infine, stranieri sono anche i proprietari di Fulham (Mohammed Al-Fayed) e Portsmouth.

L’ultimo arrivato cronologicamente parlando è il thailandese Thaksin Shinawatra che ha rilevato il Manchester City per 81,6 milioni di sterline debiti compresi. Questo personaggio però è quanto meno poco raccomandabile.
Fino allo scorso settembre era primo ministro in Thailandia ma è stato costretto alle dimissioni e all’esilio da un golpe militare. Le cause di questo rovesciamento vanno ricercate nella sua scellerata gestione dei fondi pubblici thailandesi. Frode e corruzione sono le accuse per l’ex premier che ad Agosto dovrà però tornare in patria con la moglie per sostenere un processo che potrebbe portarlo ad una condanna di 10 anni di carcere se le accuse verranno confermate.

Ma i soldi fanno gola e il City nel suo stato di indebitamento non ha potuto rifiutare l’offerta.
Fino a che punto ci si può spingere pur di ottenere nuove entrate economiche? Questa domanda è stata rivolta a Dan johnson, portavoce della Premier League, in una trasmissione radiofonica della BBC.
Il dirigente si è detto tranquillo perché in Inghilterra per tutti coloro i quali vogliono comprare un’azienda e investire c’è un vero e proprio test di onorabilità chiamato “fit and proper test”.
Un esame basato su dati oggettivi deciderà quindi se la moralità di Shinawatra è tale da permettergli di entrare mondo del pallone britannico.

Ma un’altra domanda è: c’è proprio bisogno di questo test? Soprattutto, non è forse un po’ tardi per prendere una decisione visto che il City ha già ingaggiato Eriksson e iniziato a programmare la stagione del suo riscatto?
Il dubbio è che forse alla fine Shinawatra il test lo supererà perché di fronte a tutti quei milioni è un po’ difficile dire di no, poco male se la loro provenienza non sia fedele alle leggi etiche e morali di cui noi occidentali ci facciamo fieri portavoce.

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