Era il primo ottobre del 1983 quando Mirko Vucinic nacque a Niksic, città dell’allora Jugoslavia e attualmente in territorio montenegrino: sono passati 27 anni da allora e quel ragazzetto è diventato l’idolo dei bambini del suo Paese, una “leggenda” come lo ha definito il suo connazionale ex fantasista Dejan Savicevic, “Il Genio” secondo Luca Toni affibiandogli un soprannome che sui balcani avevano sempre appiccicato proprio all’ex numero 10 milanista. Ne ha fatta di strada Mirko che ora parla leccese e che ha anche una moglie salentina, adottato da quella terra dirimpetto alla sua patria e ora pronto a divenire anche cittadino onorario di Roma. Dopo i primi calci con lo Sutjeska, squadra della sua città, è subito trasferimento in Italia.
A Pantaleo Corvino, allora direttore sportivo del Lecce, bastò vedergli segnare 4 gol in 9 partite nel massimo campionato serbo all’età di 16 anni, capì che c’era del potenziale. Era il giugno del 2000 e al ragazzone di Niksic fu data una stanza al Pastor Bonus, la struttura che accoglieva le giovani leve giallorosse, a tirar calci a Villa Convento; poi a 17 anni e mezzo l’occasione di esordire addirittura in Serie A e pian pianino diventare calciatore professionista. “Era già grande protagonista in A, eppure Vucinic veniva a trovarci sui nostri campi” ha dichiarato Roberto Rizzo, l’allora allenatore della Primavera dei miracoli leccese. Aveva qualità il ragazzo, ma non si montava la testa e quando i salentini scesero in Serie B lui appena 19enne decise che era il momento di diventare protagonista. Pur non dimenticando i compagni di Primavera che non ce l’avevano fatta.
“Chiedeva al suo sponsor tecnico alcune paia di scarpini in più, per regalarle ai ragazzini del vivaio. E qualche sera invitava al ristorante i giovani con i quali era cresciuto, per avere il piacere di pagare il conto. Ricordo con affetto una scenetta. Squalificato per frasi gravemente offensive verso l’arbitro in una partita della Primavera, Mirko, messo in punizione dalla società, attraversava un periodaccio. Una sera, in una via del centro di Lecce, me lo trovai davanti, lo vidi abbracciato a una donna. “Mirko, e allora?”, gli feci. E lui mi rispose: “Mister, le posso presentare mia madre?”. Nei momenti difficili, la sua famiglia lo raggiungeva a Lecce per sostenerlo” racconta ancora Rizzo. In Salento un totale di sei stagioni e 37 gol, con addirittura 19 centri nel 2005 (e 3 in Coppa Italia), un record per il club in coabitazione con Chevanton.
Lo strip tease di Mirko Vucinic in Roma-Cagliari




Nonostanze l’epatite e infortuni al ginocchio, Vucinic si dimostrò un attaccante di razza che però non disdegnava giocate geniali e colpi da maestro. Nel tempo libero il mare e il sole del tacco d’Italia: “L’ho conosciuto che era timido e introverso, ora viene a trovarmi e mi parla in dialetto leccese. Chi l’avrebbe detto che, davanti alla tv, mi sarei entusiasmato per le imprese realizzate da Mirko addirittura contro Real Madrid e Chelsea. Mirko qui si gode il mare, dice che questo è il suo paradiso. Poco pesce e tanta carne, ben cotta. Quando era esile da far paura, gli preparavo le fettine di cavallo e la frutta. Ora si è fatto un fisico eccezionale! Ma è rimasto semplice, pronto a tuffarsi, appena può, nel suo mondo leccese” ha detto il gestore di un ristorante a Porto Cesareo, dove il montenegrino ancora torna.
A Roma ha portato una valigia, la voglia di fare bene e una fidanzata, Stefania, che ora lo renderà anche padre per la prima volta (ed ecco spiegata l’esultanza nel derby scorso, a simulare il pancione della moglie). Gol pesanti in Champions, reti mai banali in campionato, ottimo giocatore sin dalla prima stagione a Trigoria, benché senza acuti assoluti in termini generali. Intanto la soddisfazione di diventare capitano e primo marcatore della neonata Nazionale montenegrina, siglando anche un gol all’Italia in una sfida ufficiale al Via Del Mare, già, proprio lo stadio del Lecce. Dicevamo, grande, forse grandissimo giocatore, ma capace di far innamorare perdutamente di sé i propri tifosi solo quest’anno, con l’arrivo di Ranieri.
Totti, Julio Baptista, Menez, Cerci o Toni, i ballottaggi domenicali non riguardano Vucinic: lui in campo c’è di certo, laterale e centrale, anche nel derby l’unico mai in dubbio è stato lui. Che ha ripagato la fiducia del mister con una doppietta che potrebbe dire scudetto, il 12° e il 13° gol in campionato. E pensare che alla vigilia era il più sereno del gruppo: “Venite a fare circolazione palla con noi” l’invito di Vucinic a tre tifosi giallorossi che avevano fatto irruzione a Trigoria durante l’allenamento, mentre alcune persone della sicurezza allontanavano invece energicamente gli intrusi.
Barba lunga o corta, capello ingelatinato o spettinato come un barbaro, vello lungo o rasato a zero, Mirko Vucinic non è un giocatore che bada molto al look, una vera rarità nel mondo narcisistico del calcio. E anche a livello mediatico, si contano sulle dite di una mano le apparizione in tv: unico vero vezzo uno spot per la Wind, sponsor della Roma, in compagnia di Aldo, Giovanni e Giacomo. Anche se spesso hanno fatto discutere alcune esultanze: il gesto dello sgozzamento per imitare un campione di wrestling o uno streaptise irriverente rimanendo in mutande dopo un gol.
Insomma, una persona che è rimasta sempre con i piedi ben piantati in terra e che nel pieno della maturità calcistica e non solo può diventare il vero uomo scudetto di questa Roma, dopo averci creduto per qualche minuto due stagioni fa: suo il gol a Catania che illuse i capitolini, prima della doppietta a Parma di Ibrahimovic. Quest’anno potrebbe andare diversamente, la giusta consacrazione per il nuovo genio montenegrino.
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