C’era un volta la domenica del pallone, quella fatta di orari e rituali, di appuntamenti fissi e di leggende che facevano tanto costume italiano: i nostalgici ricordano bene quei pomeriggi attaccati alla radiolina a pendere dalle voci dei cronisti di Tutto il Calcio minuto per minuto, poi alle 18 e 10 era la volta di dare un volto ai gol raccontati alla radio sintonizzandosi su Rai Uno per Novantesimo Minuto; poi Domenica Sprint, con annesso secondo tempo di una delle partite clou della giornata, quindi si chiudeva con l’approfondimento della seconda serata, la Domenica Sportiva vero cult della cultura calcistica italiana. Cosa è rimasto di questa routine tanto cara ai calciofili del Belpaese? Le tv, o meglio le pay-tv, hanno modificato la geografia televisiva del pallone nostrano, con approfondimenti in tempo reale, immagini fino all’indigestione, interviste prima, durante e dopo, gol propinati in successione e in tempo reale, fin quasi alla noia.

Come ha retto l’urto la tv di stato a questi cambiamenti strutturali dei palinsesti televisivi? Male e già dal 2005 al 2008 i gol delle 18 se li aggiudicò Mediaset che con Bonolis e Piccinini alla fine constatò di non aver fatto un affare; il problema era, ed è, sempre quello: Sky e Mediaset Premium (in passato c’erano anche Stream, Gioco Calcio e Dalhia Tv) sono cannibali, dettano le regole, offrono tutto e subito, e le idee in seno alla tv in chiaro non sono mai state tante. Oggi Novantesimo Minuto è un uomo di Neanderthal che vive dei fasti del passato ma che attacca allo schermo pochissime persone: trasferitosi su Rai Due il buon Franco Lauro non può nulla rispetto ai cali d’ascolto, in seno a Viale Mazzini l’idea di tagliare la trasmissione non appare un’eresia se parliamo di auditel e di ritorno di immagini a livello di introiti pubblicitari. E dopo 41 anni l’idea, che sembra blasfema ma che ha un fondo di razionalità, di mandarla in soffitta solletica il cinismo dei vertici Rai.

“90° minuto è parte della storia italiana: è l’appuntamento fisso della domenica pomeriggio per milioni di sportivi. La trasmissione metteva d’accordo proprio tutti, anche le stesse donne, che in altre occasioni avrebbero protestato perché il marito vedeva troppe partite di calcio. È vero che quel tempo appare lontano, quando in casa c’era una sola televisione e per di più era in bianco e nero. Perché non conservare almeno quel momento di genuinità della domenica? 90° minuto infatti non è da considerare solo una trasmissione calcistica, che parla di giocatori e gol. 90° minuto significa qualcosa di più. Quando infatti ci furono i primi episodi di violenza nello sport, sebbene ancora sporadici, Paolo Valenti e la sua trasmissione cominciarono a propagandare la non violenza e il fair play, tanto da divenirne il simbolo. Ed ecco perché ritengo che tutelare l’inno alla non violenza implichi la conservazione di 90° minuto. Possibile che il denaro vinca su qualsiasi cosa?”.

Se lo chiede Bruna Liguori Valenti, vedova del mitico Paolo Valenti, uno dei volti più noti di Novantesimo Minuto: ha scritto al Corriere della Sera, un’accorata riflessione che cerca di non sacrificare a cuor leggero un’istituzione, e non solo del calcio italiano, ma del costume tutto del nostro Paese. D’altra parte la Rai si barcamena per far quadrare i conti e il calcio, fagocitato ormai esclusivamente dalle televisioni a pagamento: dal prossimo anno la Champions League, massima competizione europea per club di cui mamma Rai trasmetteva una partita a settimana, si trasferirà su Mediaset. Per buona pace di Tonino Carino da Ascoli, Gianni Vasino da Milano, Luigi Necco da Napoli, Cesare Castellotti da Torino e Franco Strippoli da Bari.

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ultimo aggiornamento: 02-12-2011


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