Quattro punti in cinque partite, troppo pochi: il bottino raccolto da Mario Beretta nei 450 minuti trascorsi sulla panchina del Torino non erano quanto si aspettava Urbano Cairo. La squadra è una polveriera, l’ombra del calcio scommesse (sebbene la cosa sarebbe stata smentita finanche da Abete), l’agguato ad alcuni giocatori nel corso del compleanno di Di Michele, le dimissioni del ds Rino Foschi, sconfitte a raffica e un gioco che non c’è, dalle parti di Torino sono tempi cupi per entrambe le squadre cittadine. Come successo in passato, il caparbio editore e presidente del Toro Cairo, è ritornato sui suoi passi e ha richiamato il vecchio allenatore: lo fece con De Biasi e con Novellino, ora si ripete con Stefano Colantuono.

Il tecnico romano, esonerato all’indomani della sconfitta clamorosa in casa contro il Crotone, a conti fatti viaggiava con una media punti dignitosi non risultando poi così lontano dalle zone nobili della classifica (anzi, si trovava praticamente in zona playoff, a differenza di ora, a 4 punti dal sesto posto). Ma nulla è perduto e la soluzione Colantuono alla fine sembra la più saggia: conosce l’ambiente e i giocatori, non bisogna pagare un ulteriore stipendio, è un ragazzo caparbio e pieno di entusiasmo. La piazza non era certa andata in brodo di giuggiole sentendo i nomi dei possibili sostituti di Beretta: Antonino Asta, attuale trainer della Primavera granata, o addirittura Zdenek Zeman, ipotesi surreale che non aveva mai trovato reali conferme.

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