C’è sempre una seconda possibilità. Da due anni negli occhi del popolo rossonero continuavano a scorrere venefiche le immagini di Istanbul. Tutti a chiedersi cosa sarebbe accaduto se si fosse rigiocato.
Ecco cosa:Il Milan ha riscritto la storia, perchè quel finale proprio non era piaciuto. Quel finale era inappropriato.
E allora, con una sapiente regia, la squadra rossonera ha deciso di strappare quella pagina amara e riscriverla, nel modo migliore, su un palcoscenico più che adeguato.
E così nella città degli dèi e degli eroi mitologici, Paolo Maldini, personaggio surreale, una sorta di Achille moderno, ha ripetuto un gesto già vissuto in passato: alzare al cielo la Coppa dalle grandi orecchie, quella più grande, quella più bella, quella più prestiogiosa, quella più importante.
Lo si sapeva dall’inizio che sarebbe stata dura, contro avversari mai domi e più consapevoli che mai della propria forza.
Il Milan è meno forte di due anni fa: basti pensare che allora c’erano Shevchenko e Crespo davanti e Stam dietro. Mentre loro sono più forti: stesso gruppo, con qualche innesto importante e una maggiore consapevolezza.
Benitez, grandissimo stratega, teme il Milan e lo dimostra lasciando in panca Crouch e schierando un coriaceo 4-4-1-1 che mette in grossissima difficoltà i rossoneri, riuscendo ad imbrigliare Seedorf e Kakà (ma non Pirlo), le due principali minacce.
Ma il Milan di quest’anno è camaleontico: ha sofferto quando c’era da soffrire nella prima parte della stagione, ha pazientato quando le cose cominciavano a girare meglio ma la palla non ne voleva sapere di entrare (vedi Celtic), ha caricato con la compattezza e solidità di un toro quando l’avversario era stato più fortunato (vedi Bayern), ha giganteggiato con classe sopraffina, tecnica e uno splendore accecante, deliziando la platea con un incedere sontuoso, quando l’avversario, probabilmente quello più forte, ha puntato sulle proprie qualità invece che limitarsi a soffocare i rossoneri (leggi Manchester).
E contro i Reds, mai belli, ma tignosi, senza punti deboli, forti e che non muoiono mai, la squadra di Ancelotti (a proposito, complimenti Mister) ha lasciato da parte il fioretto, i merletti e ha gestito la partita senza mai offrire il fianco all’avversario.
Senza qualche errore individuale, la partita, estremamente tattica, non avrebbe visto occasioni da parte del Liverpool, se non qualche tiro dalla distanza. Un Milan attento e attendista, sornione, pronto a colpire come uno scorpione, quando meno te l’aspetti: due guizzi, mortali.
Per la più dolce delle vendette.
Vendetta. Tremenda vendetta!
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