Marco Zanchi è un nome ben noto agli appassionati di calcio italiani, e non solo perché ha calcato per molti anni i campi di Serie A vestendo in cinque occasioni la maglia della Juve con Ancelotti in panchina; il difensore bergamasco, ora allenatore degli Allievi Nazionali del Vicenza, quando aveva 26 anni e vestiva la maglia del Bologna fu costretto a un relativamente lungo stop per un problema uguale e identico a quello che sta martoriando Leandro Castan, il difensore della Roma affetto da cavernoma al cervelletto e che nei prossimi giorni dovrà operarsi al cervello.

I più attenti, o quanto meno coloro con miglior memoria, ricordano dell’operazione che subì Zanchi, con tanto di cicatrice sul cuoio capelluto in eredità; dopo quei giorni di paura e apprensione, lo stopper ora 37enne continuò tranquillamente a giocare, diventando poi un pilastro del Messina prima e del Vicenza poi, prima di appendere gli scarpini al chiodo nel 2012. Intervistato dal Corriere dello Sport, Zanchi ha rassicurato Castan raccontando la sua esperienza:

“Gli dico di stare tranquillo. Stia sereno, tutto si risolverà. Deve avere fiducia nei medici e pensare alla sua famiglia. Io ce l’ho fatta, ce la farà anche lui. Ho avuto lo stesso infortunio di Castan. Angioma al cervello, “cavernoma”. Lo chiamo infortunio, perché bisogna trattarlo come un crociato o un menisco. Avevo mal di testa, instabilità, nausea. Pensarono a una labirintite, mi curarono, tempo perso finché feci una angiografia: avevo una macchia scura a forma di cavallo sotto la nuca. Stai bene una settimana, poi per tre stai male. L’operazione fu necessaria. Volevo tornare ad avere una vita normale, era il 2003, stavo a Bologna e avevo 26 anni”.

E allora finì sotto i ferri non senza preoccupazioni, ma anche con molto ottimismo:

“C’era il rischio di una paralisi. Me lo dissero, firmai, poi entrai in sala operatoria. Cinque mesi dopo ero in campo, poi ho continuato a fare il calciatore per dieci anni. Dall’operazione in poi, in campo ho avuto anche tre-quattro trauma cranici, ora ho una vita normale. Certo, all’inizio mi sentivo come Robocop, con una finestrella nella nuca. Se ti mettono una placca di metallo non ti danno l’idoneità, così a me hanno messo delle clip e da quel giorno una ‘finestrella’ di 7×7 centimetri. Se mi metto la mano sulla nuca sento come un interruttore della luce che si accende e si spegne. Sono sensibile agli sbalzi di temperatura, in un locale climatizzato può succedere che abbia un senso di vertigine, ma tutto finisce là”.

Speriamo che la storia di Zanchi possa aderire fedelmente a quella che sta per scrivere Castan, con l’augurio di poterlo vedere in campo prima della fine della stagione.

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ultimo aggiornamento: 21-11-2014


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