Nel suo ultimo intervento sulle pagine del Fatto Quotidiano, Paolo Ziliani affonda la lama in una delle figure più polarizzanti del calcio italiano: Antonio Conte. Le sue parole non lasciano spazio a interpretazioni benevole. Ziliani riporta un episodio preciso e ormai noto ai tifosi nerazzurri: il 5 novembre 2019, dopo la sconfitta per 3-2 contro il Borussia Dortmund, Conte aveva lasciato trasparire tutta la sua frustrazione, lamentandosi pubblicamente della rosa a disposizione. In quella conferenza disse che solo Godin aveva vinto qualcosa e si chiese provocatoriamente da chi avrebbe potuto pretendere di più. Una dichiarazione che fece scalpore all’epoca e che, con il senno di poi, assume contorni ancora più rivelatori. La sua fiducia nel gruppo sembrava inesistente. Un giovane come Barella, appena arrivato dal Cagliari, non gli trasmetteva alcun segnale di affidabilità per competere ai massimi livelli. Sembra un’era fa, eppure non è passato tanto tempo: adesso i top club farebbero carte false per il sardo.
Per provare a soddisfare le richieste del tecnico leccese, la società si mosse con decisione. Arrivarono innesti d’esperienza come Moses e Ashley Young, e colpo a sorpresa fu quello di Christian Eriksen, prelevato dal Tottenham a prezzo di saldo vista la scadenza di contratto imminente. Eppure, nemmeno questo bastò. Conte non mostrò entusiasmo per il danese e preferì puntare su altri profili, come dimostrato dalla finale di Europa League contro il Siviglia in cui scelse Gagliardini al posto dell’ex Spurs. Anche dopo l’arrivo di Hakimi e di veterani come Vidal, Kolarov e Darmian, Conte non smise di dare l’impressione di considerare l’organico insufficiente. Dimarco, tornato dal prestito al Verona, venne escluso ancora prima che iniziasse la stagione. Il messaggio era chiaro: solo profili già affermati a livello internazionale, nessuno spazio per scommesse o progetti da coltivare.
Il cambio radicale di visione è arrivato con Simone Inzaghi. A lui, Marotta propose lo stesso Dimarco, di ritorno dal secondo anno a Verona. Inzaghi non esitò: accettò volentieri. Da quel momento, senza scossoni economici e con operazioni mirate, sono arrivati giocatori come Thuram, Taremi, Zielinski, Sommer, Pavard, Frattesi, Carlos Augusto, Arnautovic, Bisseck e il giovane Martinez. Il tutto senza grosse spese. Risultato? Tre qualificazioni consecutive agli ottavi di Champions, una finale sfiorata contro il City, e un cammino europeo che ha portato tra i 250 e i 300 milioni di euro in più rispetto alla gestione Conte. Con la stessa base definita “inadeguata”, Inzaghi ha costruito un’Inter solida, matura, capace di competere ai massimi livelli. Ma nonostante i risultati parlino chiaro, c’è ancora chi continua a indicare Conte come il vero “grande allenatore”.
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