Dopo il 2-2 contro il Parma, le critiche nei confronti dell’Inter non sono mancate. Ma per Beppe Bergomi il risultato è solo la punta dell’iceberg. Intervenuto a Sky Sport, l’ex capitano nerazzurro ha analizzato il momento attraversato dalla squadra con uno che va oltre la singola partita. Per lui, il nodo centrale riguarda la gestione delle forze: troppi impegni ravvicinati, una rosa sì esperta ma con un’età media che impone cautela. Ogni gara lascia strascichi e il margine per rifiatare si restringe sempre di più. Secondo Bergomi, Inzaghi ha poche alternative: ruotare, anche a costo di perdere qualcosa in termini di equilibrio. Una sostituzione è stata più discussa di altre e ha creato un caso.
Il discorso si è poi spostato sul centrocampo, definito “fortissimo” ma sbilanciato. Per l’ex difensore, mettere insieme tre numeri 10 comporta qualità, ma anche vulnerabilità. In certe fasi della partita – soprattutto nei finali – l’assenza di un interditore vero si fa sentire. Bergomi ha fatto anche dei nomi: manca qualcuno con le caratteristiche di Koné o Thuram, profili fisici in grado di dare una scossa e contenere le folate avversarie. La squadra, in questo momento, sembra faticare nel proteggere il vantaggio, proprio perché priva di certi equilibri strutturali. La rimonta subita a Parma, in quest’ottica, diventa un campanello d’allarme più profondo del semplice risultato.
Bergomi ha voluto prendere posizione in difesa di Inzaghi, spesso finito nel mirino per le sostituzioni o per l’approccio alle partite. Ha spiegato come il tecnico sia costretto a pianificare tutto in funzione del calendario: ogni decisione, dai titolari ai cambi, viene presa pensando già alla gara successiva. Un concetto chiave, ribadito con forza: “L’Inter gioca ogni partita pensando alla prossima”. In questo senso, le rotazioni non vanno lette come scelte improvvisate, ma come obblighi gestionali in una stagione compressa. Il riferimento a Dumfries, per Bergomi il giocatore che stava meglio nelle scorse settimane, chiude il cerchio: le assenze pesano più delle scelte. E chi guida la squadra, oggi, si muove su un equilibrio sottilissimo.
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