L’Inter di Simone Inzaghi si trova a un bivio cruciale della stagione. La recente prestazione non brillante contro il Bologna, che ha rallentato l’entusiasmo del San Siro e mantenuto il Napoli in una posizione di vantaggio nella classifica della Serie A, pone interrogativi significativi sulla profondità e l’utilizzo dell’ampia rosa nerazzurra.
Questa situazione solleva una domanda fondamentale: l’Inter è davvero così forte come molti sostenevano all’inizio della stagione, oppure ci sono delle pecche nascoste nel suo organico o nella gestione delle risorse a disposizione? È la domanda a cui prova a rispondere Stefano Agresti sulla Gazzetta dello Sport.
Prima dell’inizio della stagione 2024, l’Inter ha potenziato la sua rosa con l’ingaggio di due giocatori importanti a parametro zero: Piotr Zielinski dal Napoli e Mehdi Taremi dal Porto. Questi arrivi hanno sollevato l’entusiasmo attorno al club, suggerendo che l’Inter disponesse della rosa più equilibrata e completa della Serie A, capace di competere su tutti i fronti senza evidenti punti deboli. La qualità delle riserve, inclusi giocatori del calibro di De Vrij, Frattesi, Zielinski, Carlos Augusto e Taremi, ha alimentato la convinzione che l’Inter avesse un organico invidiabile anche per quel che riguarda le seconde linee, con Asllani che rappresentava una promessa nonostante una crescita non troppo rapida.
Nonostante una squadra apparentemente dotata di una profondità invidiabile, l’approccio di Simone Inzaghi alla gestione dell’ampio organico solleva dubbi. Il tecnico dell’Inter ha dimostrato una tendenza a non variare spesso la formazione titolare, relegando le cosiddette riserve a un ruolo marginale tranne nei casi di assoluta necessità. Giocatori come Frattesi e Zielinski, nonostante un inizio di stagione promettente, hanno trovato limitato spazio nelle partite cruciali di campionato, mentre nuovi acquisti come Josep Martinez sono stati confinati quasi esclusivamente alla Coppa Italia.
La scelta di Inzaghi di affidarsi costantemente agli stessi titolari presenta vantaggi a breve termine, in termini di coesione e conoscenza reciproca dei giocatori, ma comporta rischi significativi nel lungo periodo. Il mancato ricorso alle riserve può comportare una loro scarsa forma fisica o peggio al loro malcontento, oltre alla possibilità di infortuni per chi gioca con maggiore frequenza, come evidenziato dai casi di Calhanoglu e Mkhitaryan. Una gestione troppo ristretta dell’organico, quindi, può creare un circolo vizioso che, alla distanza, danneggia la squadra sia fisicamente che moralmente.
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