Nel mondo del calcio, il destino dei giocatori, tra impegni di club e convocazioni nazionali, richiede spesso di camminare su un filo sottile che bilancia la passione e la prudenza.
Una tale situazione viene ora vissuta da Álvaro Morata, attaccante del Milan, che, nonostante un recentissimk infortunio, è al momento ancora a disposizione della Spagna per le sfide di Nations League. Questa decisione apre una serie di considerazioni non solo sul piano sportivo, ma anche sulla gestione della salute dei giocatori.
Morata, classe 1992, ha subito un forte trauma cranico durante un allenamento a causa di uno scontro con il compagno di squadra Strahinja Pavlović. Dopo essere stato trasportato all’ospedale di Legnano per i controlli, l’attaccante è rimasto in osservazione, con una prognosi iniziale di dieci giorni di stop che non gli ha permesso di scendere in campo a Cagliari col Milan. Tuttavia, dopo ulteriori test medici, il Commissario Tecnico della Spagna, Luis De La Fuente, ha deciso di convocarlo nel gruppo dei campioni d’Europa per le partite contro Danimarca e Svizzera.
La risposta di Morata alla convocazione nella rosa spagnola ha solleva interrogativi su come verrà gestita la sua condizione fisica. Il giocatore non tornerà a Milano in ogni caso. Con la Spagna in testa al proprio girone di Nations League e con la possibilità di qualificarsi alla ‘Final Four’ battendo la Danimarca, la tentazione di impiegare Morata potrebbe essere forte. Dall’altra parte, il Milan osserva con ansia, sperando che il tecnico della Spagna possa decidere di preservare l’attaccante, specie in vista del prossimo impegno di campionato contro la Juventus al rientro dalla sosta.
Il caso di Morata porta anche sotto i riflettori le procedure stabilite per il trattamento delle ‘concussion’ o commozioni cerebrali. Secondo il protocollo UEFA, un giocatore dovrebbe osservare un periodo di riposo di dieci giorni in caso di sospetta commozione cerebrale. Tuttavia, la decisione di mantenere Morata disponibile, nonostante il consiglio medico originale, pone in luce la complessità della gestione delle condizioni di salute dei giocatori in equilibrio tra il dovere professionale e la prudenza medica con ripercussioni da non sottovalutare anche per club e nazionali.
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