Non importa che Johan Cruyff domini la finale di Coppa dei Campioni, faccia impazzire Gabriele Oriali e marchi il suo nome in entrambe le reti che decidono Ajax-Inter. Il Pallone d’Oro 1972 è una questione tutta tedesca e non è un modo di dire. Per la prima volta nella storia, il podio appartiene agli esponenti di una sola nazione, alla faccia della ormai affermata rivoluzione del calcio totale: Germania, Germania e ancora Germania. Non solo: primo Franz Beckenbauer (e chi se non il Kaiser poteva comandare il gruppo?).
Secondi, ex aequo, il centrocampista del Borussia Moenchengladbach Gunter Netzer e l’attaccante del Bayern Monaco Gerd Muller. La differenza sui compagni di nazionale che determina il trionfo del libero è di soli due voti ed è significativo che il riconoscimento a una delle squadre più forti della storia, capace con il suo calcio potente di stabilire un ciclo di lunga durata, veda come uomo simbolo non un centrocampista di grande sostanza atletica o un centravanti sinonimo del gol, massima incarnazione del suo ruolo.
No, France Football sceglie l’eleganza e l’autorevolezza e non si può obiettare sulla legittimità del verdetto. Anche se Muller riempie gli occhi con quella caterva di palloni che butta dentro le reti. Si deve però “accontentare” della Scarpa d’Oro di miglior realizzatore europeo dell’anno, con 50 gol in 48 gare giocate in stagione, 40 dei quali siglati in Bundesliga, ampiamente sufficienti per garantirgli il titolo di capocannoniere del campionato.
Quanto al ruolino di marcia con la maglia della Germania Ovest, Muller firma una doppietta nella finale dell’Europeo dove viene travolta l’Urss per 3-0. Ma forse non fa neanche notizia, un exploit simile, visto che il mese prima, contro la stessa squadra, Gerd si comporta da fabbrica del gol confezionando una quaterna, impresa che gli riuscirà anche sul finire del meraviglioso 1972 con la Svizzera.
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