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Florenzi è un asso, non una rivelazione

Alessandro Florenzi si è preso ancora una volta, un anno dopo, i titoli dei giornali sportivi (in particolare quelle delle edizioni capitoline) e ha chiuso ogni discorso sui se e sui ma che parte degli addetti ai lavori ancora proponevano su di lui. Florenzi non è un calciatore normale, neppure un normolineo a dire il vero (sotto la media per aspetto e dimensioni atletiche), ma qualcosa davvero su cui credere e puntare. In questo la Roma, seppure discussa e discutibile nelle ultime tre sessioni di mercato, ci ha visto bene: non basta avere uno o più giovani bravi, se tali sono bisogna farli giocare.

Florenzi è una delle poche vere intuizioni di Zeman nel breve mandato-bis in giallorosso. Lui che talenti ne ha allenati e qualcuno lo ha anche inventato quasi dal nulla (Beppe Signori, Marco Verratti, ma anche a suo tempo Pavel Nedved che convinse all’ultimo minuto portandolo alla Lazio e strappandolo a club inglesi e olandesi, con il ceko che veniva da un buon Europeo 1996 ma che nessuno poteva immaginare a certi livelli).

Nomi ce ne sono anche altri. Ma stiamo all’attualità: se anche Garcia, che di Florenzi forse aveva visto qualcosa su YouTube, ci ha puntato forte da subito è perché anche in allenamento le doti di questo folletto romano classe 1991 sono evidenti. Con una dimensione che ne aggiunge già nuovi tratti caratteristici: punta esterna con corsa, ampiezza di gioco, buona fase di possesso pur giocando sulla linea e determinazione nella caccia alla porta.

Zeman lo utilizzava da intermedio, Prandelli ha pensato a lui anche in vesti eventuali di terzino di corsa alla Zambrotta (qui però il paragone a livello fisico e aerobico, con quel passo da quattrocentista che si ritrovava il campione del mondo comasco, non regge ancora).

Giocatore moderno, asso, magari non talento, certamente totale e universale. L’amore di ogni allenatore che non pensi che la pura estetica possa portare a risultati di squadra: con queste premesse Florenzi sarà il nuovo simbolo della Roma, più di De Rossi che ha incrociato ancora un Totti non disposto a lasciare la scena, e non a caso pare davvero l’unico incedibile di un club che punterà sulle plusvalenze pur di risanare i conti e tenere in pista gli americani che iniziavano a indispettirsi con tanto di terrore che iniziava a circolare sui volti delle massime cariche Unicredit.

D’altronde, chi comprerebbe la Roma oggi? Nessuno. A differenza di Florenzi, che lo comprerebbero in tanti. Milan in primis, se solo avesse i soldi del 1990.

utentemomblano2

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