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Ibrahimovic pensa al ritiro: “Farò il papà a tempo pieno”

A distanza di quasi tre anni, Zlatan Ibrahimovic torna a parlare di possibile ritiro dal calcio giocato. E lo fa nel corso di un’intervista rilasciata al quotidiano inglese ‘The Guardian’: lo svedese non ha ovviamente fretta, ma a 33 anni lascia intendere che non giocherà così a lungo come hanno fatto ad esempio altri grandi del calcio internazionale, da Del Piero a Giggs. Nel 2011, in un momento un po’ particolare della sua carriera, tra mal di pancia e qualche critica di troppo per il fatto di non aver ancora vinto una Champions League, Ibra si lasciò andare ad una dichiarazione ardita: “Il calcio mi ha stufato”.

Dopo tre anni di relativa tranquillità, l’attaccante svedese è tornato sull’argomento, evidenziando quale sia la cosa che gli manchi di più: lo stare vicino ai propri figli.

“Sono impaziente. Quando si gioca a calcio – ammette -, si passa molto tempo negli alberghi e mancano molte cose. Il mio figlio maggiore ha otto anni, l’altro ne ha sei. Ma è come se non avessi vissuto tutti i giorni della loro vita. Voglio essere un buon padre di famiglia e voglio fermarmi quando sarò al top”.

Di recente in Italia è venuta fuori una vecchia storia relativa ad un flirt con una soubrette della Tv nostrana, ipotesi poi smentita dallo stesso calciatore del Paris Saint Germain, felicemente sposato ormai da tanti anni. La famiglia è uno dei valori in cui crede di più e Zlatan vorrebbe avere più tempo da trascorrere con i propri figli, da qui il pensiero al ritiro, che con ogni probabilità si concretizzerà nel giro di un paio di stagioni. Parlando con il giornalista del Guardian, però, Ibra fa anche un passo indietro tornando agli esordi della sua carriera:

“Tutti mi sputavano addosso. Pensavano che non sarei andato lontano vista la mia linguaccia. Al Malmoe dicevano: ‘Come ha fatto questo punk di Rosengard ad arrivare qui?’ Nessuno credeva in me. Mi credevano completamente pazzo. Ma ho avuto ragione io e i miei sogni da ragazzino alla fine si sono realizzati. Oggi sono dove volevo”.

In molti considerano il calcio italiano in declino, ma gli ultimi risultati nelle coppe europee confermano che qualcosa stia cambiando. Per Ibrahimovic la Serie A rimane il campionato più difficile per un centravanti:

“Quello italiano è il più difficile per un attaccante. In Serie A pensano ancora che sia più importante non subire gol che segnarne uno. In Spagna invece vogliono fare un gol e poi un secondo e anche un terzo. Nel Barcellona ero probabilmente nella miglior squadra della storia, il loro calcio era magnifico. Quando mi preparavo per una partita, sapevo che avrei vinto prima di cominciare. Guardavo i calciatori vicino a me: c’erano Messi e Iniesta, Xavi e Puyol, Pique’ e Dani Alves e anche Busquets. Incredibile! Era un calcio di un altro pianeta. Tecnicamente perfetto”.

Il miglior allenatore? Lo svedese non ha dubbi, è Josè Mourinho: peccato lo abbia lasciato proprio alla vigilia della conquista del Triplete:

“È molto intelligente, non tratta tutti allo stesso modo. Sa però come trattare le persone a livello individuale per trarre il 100% da ognuno di loro. Se è il miglior tecnico con cui abbia lavorato? Sì. Nel modo in cui parla con i propri giocatori, li manipola – conclude – , non c’è dubbio”.

Mirko Nicolino

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