Gigi Buffon si ritira e ogni considerazione di carattere epocale nel suo caso ha un senso. Perché uno che attraversa i decenni come ha fatto lui, scavallando simbolicamente anche il millennio, non può che essere un giocatore che ha attraversato il tempo come nessun altro. E che, lo dicono le tante testimonianze di portieri di ogni angolo del mondo, ha saputo diventare punto di riferimento per generazioni diverse e in momenti diversi. Perché di Gigi ce n’è stato Uno (il numero 1 per definizione), Nessuno (nessuno come lui, poco da fare, ha pensionato altri mostri sacri), Centomila (chi altri al suo pari ha affollato di immagini la nostra memoria E non stiamo parlando di solo pallone, qui abbiamo una leggenda della storia dello sport di sempre).
É noto a tutti, e massimamente ai tifosi juventini che hanno sofferto a Manchester, a Berlino e a Cardiff, cosa manchi nella carriera di Buffon: la Champions League. Meno nota è un’altra assenza, piuttosto clamorosa, ma se ci pensate anche profetica rispetto a una considerazione che si impone: anche la carriera del più grande di tutti deve convivere con l’umana imperfezione.
E stiamo parlando di Arte, proprio di Arte. Perché la foto non c’è. Incredibile, ma è così. L’istantanea dell’esordio di quel Parma-Milan vissuto da minorenne che sarebbe da incorniciare tra i ricordi più preziosi non la si trova. E non perché mancasse chi potesse catturarlo, quell’istante fondamentale. No, succede qualcosa d’imprevedibile: la squadra del Parma prima dell’avvio della gara si schiera come tradizione comanda davanti agli obiettivi, ma è del tutto evidente che qualcosa non quadra. Tra giocatori in piedi e quelli accasciati, balza subito all’occhio che il numero non è corretto: sono dieci, dieci tutti con la stessa maglia, non ci vuole né l’occhio dell’aquila né l’intelligenza della volpe per scoprire che l’assente è il portiere. «Non sono ritratto nella foto ufficiale prima della partita perché ero già andato verso la porta. Non ero abituato a farla, nella Primavera non si usa», si giustificò così il ragazzo che si sarebbe rivelato Superman. Probabilmente, c’è in questo una legge della vita, un piccolo sgarbo alla Marcel Duchamp che “baffeggia” la Gioconda. Ogni capolavoro nasconde un perfido sbrego e anche i giorni più indimenticabili si nutrono – comunque – di una dimenticanza.
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