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Manchester City Inter: i 3 “piccoli” rimpianti di Simone Inzaghi

I rimpianti dell’Inter di Simone Inzaghi nella finale di Champions League persa contro il Manchester City. I dettagli

La Champions League si è chiusa con la vittoria di una squadra inedita, che porta l’Inghilterra ad avere una squadra in più tra quelle che sono riuscite ad alzare la coppa più prestigiosa. É stata una gara che ha concentrato il grosso delle emozioni nella ripresa e, soprattutto, nel finale, quando l’assalto nerazzurro ha fatto vacillare non poco i Citizens. Ci sono una serie di macro-episodi che i tifosi nerazzurri avranno in testa per sempre e sono naturalmente le occasioni: Lautaro a tu per tu con Ederson; la traversa di Dimarco; il colpo di testa di Lukaku; l’ultimo calcio d’angolo con il portiere brasiliano ancora provvidenziale. Ci sono anche situazioni diverse che avrebbero potuto far svoltare la gara, anche se non così eclatanti.

1) Lautaro al limite. La gara del Toro non è stata brillante, qualcuno lo ha anche giudicato come il peggiore in campo. Che le cose non fossero propriamente facili lo si è capito già al quarto d’ora, quando al limite dell’area ha cercato una giocata difficile, un numero per preparare il tiro, senza riuscire a portarlo a termine perché è stato bloccato. Sarebbe stato il suo biglietto da visita, lo avrebbe caricato e certamente avrebbe inquietato alquanto la difesa del City. Martinez non è apparso mai davvero sciolto, libero mentalmente.
2) Il cross di Dumfries. Un po’ in tutta la gara e ben prima della rete di Rodri l’architettura tattica del Manchester City non è apparsa immune da scricchiolii. Squilibri piuttosto evidenti, che dimostrano anche quanto Inzaghi abbia preparato bene la partita, studiando l’avversario perfettamente. In non poche situazioni l’Inter si è trovata a proporre azioni in velocità in parità numerica con i difensori inglesi. Nella ripresa, ancora sullo 0-0, Dumfries ha proposto un cross troppo corto in una delle tante ripartenze dove si poteva colpire se si fosse avuta maggiore precisione. Ed anche nel primo tempo, ha avuto un’indecisione in area su un pallone che doveva gestire con più rapidità per farlo diventare pericoloso.
3) L’ingresso di Mkhitaryan. Solo 6 minuti più i 5 giocati nel recupero: vedendo alcune accelerazioni e considerando l’imbarazzo di un Calhanoglu alquanto frenato, uno dei rimpianti – chissà se anche di Inzaghi – è che l’armeno sarebbe dovuto entrare decisamente prima.

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