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Perché il tifoso dell’Atalanta non si è imborghesito: l’ABC del calcio tramandato a Bergamo

La tifoseria dell’Atalanta è cambiata con i risultati degli ultimi anni? Un concetto di valori tramandato da sempre

L’Atalanta può sicuramente vantare di avere una tifoseria molto appassionata, ma come tutte le squadre che stanno ottenendo risultati positivi anche lei non è esente da una nuova ondata di tifosi: etichettati fin da subito come semplici occasionali solo per essersi avvicinati ai colori nerazzurri in quel determinato periodo.

«Rieccoli sul carro dei vincitori. Troppo facile! Io seguo l’Atalanta dalla C, ma ora è una moda». Queste sono le cosiddette frasi che vengono dette da gran parte del popolo atalantino quando si tratta di descrivere l’evoluzione della tifoseria: considerando che il 76% di costoro (raccogliendo un campione di 365 sostenitori su Instagram) pensa che orami allo stadio ci sia soltanto gente che non sa cosa significa culturalmente e storicamente l’appartenenza alla Dea.

Il tifoso dell’Atalanta si è veramente imborghesito? Certo, gli occasionali nei momenti esaltanti ci saranno sempre (è normale), ma essi sono ben diversi rispetto a chi si è avvicinato al mondo nerazzurro negli ultimi anni ed è intenzionato a sposare questa causa nel bene e nel male.

Esempio? Molti tifosi si sono appassionati all’Atalanta nei momenti, appunto, più esaltanti: la finale di Coppa Italia targata 1996, il ciclo Morfeo-Lentini-Inzaghi, la Coppa delle Coppe nel 1988, i Vavaboys, il bel gioco di Delneri o anche solo le sei vittorie consecutive del 2014. Un dato di fatto citato più volte anche in qualche semplice conversazione: «Sono tifoso dal 1988. Mi sono innamorato della Dea quando giocava Caniggia. Ho fatto l’abbonamento innamorato del bel gioco del Vava». Sarebbero occasionali anche costoro? Ovviamente no.

E le alte aspettative nei risultati? Ciò fa parte del calcio, ma è ben differente dal concettto di sostegno: si può desiderare di l’Europa ogni anno e al tempo stesso essere presenti in curva cantando e sostenendo i ragazzi. Considerando che la cosiddetta “gara” a chi è più tifoso o desiderare una retrocessione solo per essere in “pochi ma buoni” è tanto blanda quanto arcaica.

L’importante non è quando s’incomincia ad indossare una maglia nerazzurra con una Dea cucita sul petto, bensì la responsabilità (in termini di tifo) di sostenerla per sempre. Fa parte del concetto dell’atalantinità, tramandato di generazione in generazione: il coinvolgimento di un tifo che invade anche la città.

Andare all’Atalanta non è mai stata una questione di risultati per la maggior parte di chi ogni domenica segue la squadra, soprattutto se si tratta di una tifoseria presente indipendentemente se la squadra è in Champions o ultima in classifica (come nel 2005). Questo è l’ABC del calcio vissuto a Bergamo: Atalanta Bergamasca Calcio.

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Redazione F

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