Roma's midfielder from Bosnia-Herzegovina Miralem Pjanic (R) vies with Juventus' midfielder from Argentina Roberto Pereyra during the Italian Serie A football match Roma vs Juventus at the Olympic Stadium in Rome on March 2, 2015. AFP PHOTO / FILIPPO MONTEFORTE (Photo credit should read FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)
È finita in parità, ma alla Roma che insegue e che si deve guardare le spalle non resta neppure il rammarico. Che è poi la sensazione peggiore possibile. L’errore più grande che i giallorossi potrebbero commettere, anche in vista della seconda posizione utile per accedere alla Champions League 2015/16, è quello di leggere male quell’ultimo quarto d’ora. Perché non è superiorità, quella.
È voglia, è orgoglio, è che qualcuno dietro ai senatori scalpita, è che di Totti e De Rossi non c’è davvero per forza bisogno, è che loro sono oltretutto in questo 4-3-3 la dorsale centrale. Si tratta dunque di valutazioni del tutto endogene, che per una volta (come accadde anche nelle gare di ritorno, all’Olimpico, delle stagioni precedenti) non è la Juventus il parametro. Questa volta è davvero tutto ancora più chiaro. Anche perché le pretese reali della proprietà iniziano a ragionare in modo internazionale e non provincialistico.
Poi c’è stata una fotografia in campo che è la fotografia più vivida, stando alla partita, alle prestazioni, ai momenti delle due formazioni che oggi è addirittura difficile definire “duellanti”. Cioè un duello in particolare: Miralem Pjanic contro Roberto Pereyra. Sfidanti diretti anche per le rispettive posizioni di intermedi (mezzo sinistro il bosniaco, mezzo destro l’argentino). Cosa ne è uscito? Che una delle inopinate stelle giallorosse è il segno (non la causa) della decadenza del gioco proposto da Garcia oggi.
Pereyra lo trita in tutti i modi, Pjanic non lo prende mai, soprattutto quando l’ex Udinese lo prende alle spalle. E poi uno come Pjanic a Pereyra (teoricamente fuori ruolo ma in realtà nel ruolo più congeniale visto che sta in una big e non più nella pancia della classifica) non dovrebbe fargli vedere boccia. La classe contro la linearità delle giocate, il senso del gioco contro uno che di tackle non è ancora un intenditore.
Eppure accade l’esatto contrario. E se uno è il segno di un ciclo che ha bisogno di nuova linfa che non siano obbrobri di mercato, l’altro è l’atto di fede finale da parte della Juve in Marotta, e dunque poi in Allegri che su Pereyra ci ha puntato fin dalle amichevoli estive.
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