Insieme hanno fatto la storia della nazionale tedesca e del Bayern. Karl-Heinz Rummenigge, molto noto in Italia anche per il suo passato interista, racconta a La Gazzetta dello Sport chi è stato Franz Beckenbauer e la sua amicizia.
L’EREDITA’ – «La lezione che ci lascia Franz Beckenbauer è stato molto moderno, il primo uomo del calcio globale. Ha ricoperto tutti i ruoli: giocatore, allenatore, presidente, riuscendo a essere vincente e bravo, in campo e fuori campo. Un gentiluomo in tutto».
FRANZ – «Per me Franz non è morto. Al mio primo allenamento nel Bayern, nel 1974, la squadra e lui avevano vinto la Coppa dei Campioni, e la Germania il Mondiale. Io sono andato nello spogliatoio, avevo 18 anni, volevo presentarmi a tutti. Franz era l’ultimo, gli ho detto “Signor Beckenbauer, mi chiamo Karl-Heinz Rummenigge e mi fa piacere che mi permetta di fare l’allenamento con lei. Lui mi guarda: “Nessun problema. Io mi chiamo Franz”».
UN TEDESCO ANOMALO – «Non è stato un classico giocatore tedesco. Aveva la tecnica di un brasiliano e la tattica di un italiano: un mix eccezionale. A quei tempi la Germania non era conosciuta per tecnica e tattica, ma faceva paura perché fisicamente eravamo delle belve e non mollavamo mai, anche sotto 2-0. Beckenbauer ha portato nel calcio tedesco un alto livello, sconosciuto prima».
TRAPATTONI AL BAYERN – «Siamo andati a casa di Trap, a Cusano Milanino: io, Uli Hoeness e Franz. Volevamo chiedergli se era disposto ad allenare il Bayern. Io ero anche l’interprete. É stato un amore nato subito, da parte di tutti. La signora Paola, la moglie di Trap, ci preparò da mangiare alla grande, all’italiana. Pasta, pesce, abbiamo bevuto addirittura del vino, a mezzogiorno. Ci siamo stretti la mano: era fatta. Tutti contenti. Franz mi diceva: “Io non parlo italiano, ma ho capito che è un uomo eccezionale, vorrei scambiare molte più parole con lui, ma non sono in grado di farmi capire”».
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