Donnarumma; Di Lorenzo, Scalvini, Bastoni, Biraghi; Barella, Locatelli, Frattesi; Zaniolo, Immobile, Raspadori. Se l’undici schierato da Luciano Spalletti stasera contro l’Ucraina fosse questo si avrebbe una fotografia di questo genere a proposito della trasmissione dei giocatori dai club all’azzurro: 3 dell’Inter; 2 del Napoli; uno a testa per Atalanta, Fiorentina, Juventus, Lazio e due squadre estere rappresentate come il Psg e l’Aston Villa.
Ovviamente non siamo più nei tempi passati, quando la fortuna della Nazionale spesso coincideva con la riproduzione di uno o più blocchi delle formazioni che andavano per la maggiore in Serie A. La massiccia presenza di stranieri e anche l’eccessiva mole di impegni che porta un CT a fare i conti con un nutrito gruppo di infortunati porta a una frammentazione che un po’ incide sull’assemblaggio, soprattutto se è necessario riuscire a farlo in tempi rapidi come sono quelli odierni. Da questo punto di vista, Spalletti vive una condizione diversa – o meglio, ha scelto di operare affinché ci fosse – rispetto a certi momenti dei suoi predecessori. In Macedonia, in fondo, ha esordito con ben 4 club rappresentati da almeno due unità: l’Inter addirittura con 3, una condizione rara e che verrà confermata a San Siro, a conferma dello status europeo raggiunto dal gruppo di Simone Inzaghi; il Napoli, la Lazio (che ha perso nel frattempo Zaccagni) e la Roma (Mancini sarebbe stato confermato ma si è fatto male; Cristante, invece, non è stato all’altezza delle aspettative). Mancini aveva lasciato una squadra molto più frammentata: nell’ultima uscita, la positiva prestazione in Nations League con l’Olanda con annessa vittoria per 3-2, c’erano due interisti (Acerbi e Dimarco) e altrettanti parigini (Donnarumma e Verratti), il resto era composto da 7 giocatori di 7 club diversi.
Per risalire a una gara con la presenza di un nucleo forte, strutturato su 4 elementi, bisogna andare al 7 giugno 2022, sempre Nations League e 2-1 sull’Ungheria con un poker di giocatori della Roma: Mancini, Spinazzaola, Cristante e Pellegrini. Menre alla finale dell’Europeo, per fare l’accostamento più significativo, c’era una Juventus che oggi è scomparsa per diverse ragioni, tra carta d’identità e stop momentanei (Bonucci, Chiellini e Chiesa), due del Napoli (Di Lorenzo e Insigne), due del Chelsea (Emerson e Jorginho). A leggere i nomi, e a vedere i superstiti, sembra incredibile pensare che da Wembley siano passati solo due anni, se non avessimo vissuto tutti i rovesci che ci sono stati in mezzo e che ricordiamo bene, tra mancato Mondiale e prossimo Europeo a rischio.
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