Stefano Esposito è stato un senatore del Pd. Ha frequentato la curva della Juve da ragazzo, lui di sinistra dentro un gruppo caratterizzato da un’appartenenza di destra quale quello degli Indians. Oggi racconta quegli anni al Corriere della Sera.
DI SINISTRA TRA I TIFOSI DI DESTRA – «La destra, a differenza della sinistra ha, ancora oggi, un messaggio politico più facile per i giovani. Poi, noi eravamo “truzzi”, di periferia, e c’era una certa omologazione in quei valori e simboli. Quando ho iniziato a frequentare la Fgci, la Giovanile, e la sezione di via Chiesa, mi fecero riflettere sulla contraddizione».
LA FAMIGLIA – «Mio padre, bidello in una scuola elementare, non seguiva il calcio e non era comunista. Io parto chierichetto, poi l’oratorio, le partite con la Santenese. Lo stadio era un’attrazione forte per chi come me arrivava da fuori, per i ragazzi di Nichelino, di via Artom, di Cambiano. Molti amici li ho persi per l’eroina».
LA POLITICA – «Eravamo proletari. Io avevo una cultura politica in erba, la mia storia me la sono fatta da solo».
ADDIO ALLO STADIO – «Non ci vado da anni, ma è stata una passione vera. Aiutavo con gli striscioni. Ero un manovale. Al Comunale arrivavo ore prima. Ho seguito la squadra in trasferta. A Firenze, mi ricordo i cordoni della polizia, la pioggia di bulloni. Con gli Indians, è stata un’esperienza collettiva, poi ho preso una strada diversa. Alcuni amici sono morti, altri sono rimasti. Alcuni si sono rifatti vivi quando ero in commissione antimafia e si parlò delle infiltrazioni mafiose nella curva».
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