REGGIO NELL'EMILIA, ITALY - SEPTEMBER 21: Martins Citadin Eder #23 of UC Sampdoria ( R ) competes the ball with Francesco Acerbi #15 of US Sassuolo Calcio ( L ) during the Serie A match between US Sassuolo Calcio and UC Sampdoria on September 21, 2014 in Reggio nell'Emilia, Italy. (Photo by Mario Carlini / Iguana Press/Getty Images)
Ora per fortuna è tutto lontano. Il campo mi ha dato la forza per superare dolori fisici e paure. E grazie all’aiuto di chi mi è stato vicino.
Esulta Francesco Acerbi, come è ovvio che sia, dopo essere tornato al gol in Serie A sabato nel match contro il Sassuolo. Il difensore 26enne a luglio 2013 aveva dovuto affrontare un primo intervento per sconfiggere il tumore al testicolo. A novembre il nuovo stop con l’amara scoperta, grazie al test antidoping, del ritorno della malattia. Quindi il ciclo di chemioterapia concluso a marzo scorso. Nel mezzo la lontananza dai campi di gioco e dal Sassuolo.
Alla fine però ha vinto lui. A La Gazzetta dello Sport il difensore ha rievocato i momenti più difficili di questa ‘avventura’, quelli nei quali si era anche isolato rispetto ai suoi cari:
A gennaio le cure mi hanno devastato, non volevo nessuno vicino, neppure mia madre. E meno male che mio fratello Federico ha smesso di giocare a calcio per stare con me a Formigine.
Poi però “mi sono detto che non era più il caso di prendermela con gli altri” e ha ripreso a correre, fino al ritorno in campo in Serie A. Acerbi non nasconde il rimpianto di aver buttato via l’occasione al Milan e si dice convinto che “con la testa che ho adesso
non avrei fallito”. Ma guarda al futuro. Sognando la Nazionale (“resta l’ambizione di tornarci”) e raccontando di un presente più saggio ed equilibrato:
Le mie giornate sono molto più regolari. Spesso resto a casa, mi cucino da solo e sono a tavola già alle 19,30. Poi, vedo la tv e alle 21 spesso mi addormento.
Di certo a lasciare il calcio non c’ha mai pensato e anzi ha già le idee chiare sul suo futuro da allenatore
Ora non so fin dove posso arrivare. Non mi pongo limiti e vivo tutto con serenità. So solo che quando smetterò farò l’allenatore. (…) Ora mi applico di più: gioco per la squadra. Prima cercavo di strafare, adesso resto dietro ad aiutare gli altri.
Infine la consapevolezza di avere avuto fortuna, pur in una situazione tutt’altro che fortunata:
Mi sento un privilegiato: la storia dell’antidoping è esemplare. Grazie a quel controllo abbiamo scoperto in anticipo di almeno due mesi la recidiva. All’inizio la presi male, poi ho capito che è stato meglio così.
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