Umberto Calcagno, presidente dell’AIC, Associazione Italiana Calciatori, ha parlato a La Politica nel Pallone sulla possibile riforma della Serie A a 18 squadre, del decreto crescita e di molti altri temi. Ecco le sue dichiarazioni.
SERIE A A 18 SQUADRE – «Serie A a 18 squadre? La riduzione ci vede contrari. Pensiamo prima di tutto a nuove norme su iscrizione al campionato e controlli più forti. Stiamo producendo una montagna di debiti, noi dobbiamo fare in modo che le società non arrivino a usare strumenti che creano storture. Bisogna prima di tutto risanare e poi redistribuire meglio le risorse».
TROPPE 100 SQUADRE PROFESSIONISTICHE – «Uno specchietto per le allodole perché le 60 squadre di Serie C generano un debito complessivo che non è aumentato ed è inferiore a quello che genera una squadra di serie A. Ci si concentra su situazioni che incidono poco».
DECRETO CRESCITA – «Un passo in avanti che la politica ha fatto per il nostro sistema. Spero che la politica abbia un occhio di riguardo e non poteva essere il decreto crescita la soluzione a dare una mano».
TROPPI IMPEGNI – «Da anni denunciamo le troppe partite e anche i tanti viaggi. Non ci dovrebbe essere scontro su questo ma unità di intenti. Se non tuteliamo la salute dei calciatori il nostro prodotto diventerà più scadente. Sono preoccupato del calendario che avremo nel 2025. Il Mondiale per Club porterà i ragazzi a non fermarsi mai… Non possiamo immaginare che i migliori giocatori al mondo non si fermino mai. Oggi è fuori di dubbio immaginare che i top player possano giocare 70 partite ad alto livello».
CALENDARI – «C’è un problema di calendario che deve essere risolto a livello internazionale, non domestico. Nessuno vuole ostacolare le nuove competizioni o negare introiti maggiori al sistema, ma dobbiamo capire come redistribuire e tutelare la salute dei grandi campioni. Campionato con playoff o playout? Non sono appassionato dei cambi di format ed è un ragionamento che va fatto con Spagna, Inghilterra, Uefa e Fifa».
PRIORITA’ – «Per noi la priorità è la salute del calciatore così come un mondo del calcio che ridistribuisca le risorse. La nostra paura è che si crei distacco troppo grande tra le grandi squadre e le altre»
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