Kevin Prince Boateng è stato ascoltato in Tribunale a Busto Arsizio (Varese) insieme all’allenatore rossonero Massimiliano Allegri e ad altri calciatori, nella seconda udienza del processo per direttissima ai sei presunti autori dei cori razzisti durante l’amichevole Pro Patria-Milan dello scorso 3 gennaio, accusati di ingiuria aggravata dal razzismo. Il 3 gennaio 2013 il centrocampista rossonero lasciò il campo dopo aver scagliato il pallone sulle tribune, all’indirizzo del gruppetto di tifosi che lo stava insultando. Boateng ha riferito in tribunale la sua versione:
“Ogni volta che toccavo palla sentivo cori indirizzati nei miei confronti, dei buu buu che ricordano i versi degli animali. Penso che mi abbiano insultato perché la mia pelle non è bianca, succedeva anche in Germania e per me si tratta evidentemente di atti di razzismo. Anche l’arbitro ha la sua parte di colpa perché sentiva queste cose ma non ha fatto niente”.
In tribunale era presente anche M’Baye Niang che ha spiegato di «essere stato offeso per il colore della pelle». Oltre a Boateng, Niang e Allegri sono stati ascoltati come testimoni dal pm Mirko Monti, dal giudice Toni Adet Novik e dai legali dei sei tifosi e delle parti civili, la Lega Pro e il Comune di Busto Arsizio, il capitano Massimo Ambrosini e Daniele Bonera.
In Aula anche l’arbitro, Gianluca Benassi, i due guardalinee, tre giocatori della Pro Patria e gli agenti di polizia che sono intervenuti dopo i cori e hanno condotto le indagini per individuare i responsabili. Tutti i testimoni hanno confermato che quelli rivolti contro i giocatori di colore del Milan non erano normali cori da stadio ma insulti razzisti e alcuni hanno affermato di aver udito anche cori contro Melissa Satta, la fidanzata di Boateng.
Massimiliano Allegri ha ovviamente appoggiato in toto la versione dei calciatori: “I giocatori di colore del Milan erano molto turbati ed amareggiati. Boateng anche nei giorni successivi non era sereno. Sono episodi gravi, che non dovrebbero accadere ed è stata giusta la decisione di interrompere la partita”. Tutto giusto e ampiamente condivisibile. Ma perché non assumere lo stesso atteggiamento di indignazione, anche in occasione di gare ufficiali, sia in campo che in tribuna stampa, invece di far finta di nulla (succede spesso) e aspettare le decisioni “dall’alto” che quasi sempre non arginano gli idioti?
Foto | © Getty Images
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