[blogo-video provider_video_id=”QqRV_v1KE0k” provider=”youtube” title=”Barzagli Bonucci Chiellini – The Wall BBC 2013 | by Amirov Slavomir” thumb=”” url=”http://www.youtube.com/watch?v=QqRV_v1KE0k”]
La Juventus si è imposta a Lione e lo ha fatto con venti minuti finali convincenti, che tolgono un po’ di mezzo l’idea comune, che aleggiava soprattutto nella tifoseria bianconera, che dietro ad alcune difficoltà, soprattutto nell’imporre il gioco, vi fosse una condizione atletica approssimativa o comunque messa alla frusta dalle tante assenze patite nell’ultimo periodo. Certo però che ancora sotto il profilo del gioco non s’è vista una Juve scintillante, e ancora una volta soprattutto ha impiegato tempo e fatica nel prendere in mano la conquista del campo.
L’impatto iniziale ancora una volta ha dato come la sensazione che in questo momento la squadra di Conte preferisca gestire lunghe fasi delle partite a basso ritmo, un po’ perché come dice lo stesso tecnico questo fa parte di un processo di maturazione e un po’ perché ci sono forze da dover gestire. E i due volti di questa Juve sono stati rappresentati da Leonardo Bonucci, lasciato libero di impostare ma senza l’appoggio in circolazione sui due difensori centrali ai suoi lati e senza Pirlo chiuso per almeno 60 minuti nelle linee di passaggio.
Qui il difensore della Vecchia Signora ha mostrato il fianco, dovendo prendere spesso un’iniziativa non volontaria e soprattutto non meccanizzata, quindi non prevista dall’organizzazione di gioco di Conte. Se ne sono viste di ogni: lanci chilometrici improbabili, poi quelli “solo” imprecisi, poi ancora quelli dettati da totale assenza di lucidità. Bonucci ha anche provato a prendere campo in solitudine, uscendone sempre con soluzioni goffe. Poi il Lione si è disunito e proprio lui segna il gol partita.
Qual è il messaggio che c’è dietro tutto questo? Che la Juve per terminare in bellezza la sua cavalcata stagionale deve tornare a ragionare da squadra-forcone, quella che ha tante frecce nell’arco, quella che non lascia il peso degli ultimi 30 metri ai soli attaccanti, per quanto migliori rispetto a quelli che c’erano nel primo scudetto di Conte. Insomma, i bianconeri non devono mai dimenticarsi che è il centrocampo il luogo dove hanno tessuto la loro crescita, i loro successi e il nido di lodi sperticate (e meritate) ottenute negli ultimi 30 mesi.
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