Massimo Cellino è in carcere da questa mattina. Il presidente del Cagliari è stato prelevato e portato in carcere insieme al sindaco di Quartu Mauro Contini e dell’assessore ai Lavori Pubblici Stefano Lilliu. Questi arresti si inquadrano in un’inchiesta che fa luce sulle modalità di realizzazione dell’impianto di Is Arenas, i reati contestati sono quelli di tentato peculato (che potrebbe perdere a breve la definizione di “tentativo”) e falso ideologico. Al di là dei tecnicismi il quadro è piuttosto chiaro: Cellino avrebbe costretto il comune di Quartu ad assecondarlo in tutto e per tutto, forzando le regole, senza sottoporsi all’iter di permessi ed autorizzazioni previste per fare il suo stadio spendendo il meno possibile e cercando di scaricare parte dei costi sulla collettività.

Il punto chiave dell’inchiesta, una delle prove che gli inquirenti hanno ritenuto sufficienti a procedere con l’arresto di un “soggetto con spiccate capacità delinquenziali” (citazione dall’ordinanza del Gip), sta nelle dichiarazioni del dirigente del comune di Quartu già arrestato a novembre, Pierpaolo Gessa. Il funzionario avrebbe raccontato delle pressioni esercitate da Cellino perché si procedesse il più rapidamente possibile alla costruzione della recinzione esterna, requisito minimo per ottenere l’autorizzazione ad utilizzare l’impianto almeno a porte chiuse, cosa poi effettivamente avvenuta a partire dalla terza gara interna fissata in calendario per il Cagliari.

Cellino avrebbe minacciato Gessa: “Se non porti a termine questo tipo di lavori io il culo che vado a cercare non è uno qualsiasi ma quello tuo, te la faccio pagare personalmente“. In questo passaggio il dirigente, “non riuscendogli a dire di no“, lo avrebbe accontentato utilizzando per dei lavori che sarebbero dovuti essere a carico del Cagliari dei soldi pubblici. D’altra parte su Is Arenas Cellino ha scelto deliberatamente di andare al risparmio, anche le tribune sono state realizzate riciclando in parte i tubi d’acciaio che componevano le tribune ufficialmente “provvisorie” montate all’interno del vecchio Sant’Elia quando la struttura inaugurata nel 1970 e ristrutturata nel 1990 per i Mondiali venne dichiarata inagibile.

In sostanza la struttura provvisoria (nella quale i tifosi accedevano grazie ad una deroga concessa al Cagliari “in attesa di sistemazione”) del Sant’Elia è stata spostata a Quartu Sant’Elena diventando “il nuovo Is Arenas“. Questa decisione aveva anche una ragione tecnica studiata con attenzione da Cellino per aggirare la necessità dei permessi per la costruzione. Lo spiega lui stesso in una telefonata intercettata con il presidente della Lazio Claudio Lotito, estraneo ai fatti, che gli chiedeva informazioni:

Te lo garantisco io anche perché ti faccio dare un’autorizzazione di struttura amovibile, senza concessione, hai capito qual è il mio gioco? Io non sono dovuto andare in concessione, ho avuto un’autorizzazione a montarlo, perché essendo tutto in acciaio e tecnicamente, teoricamente è amovibile, ma non lo è, Claudio, perché è un casino. In attesa di avere la concessione per lo stadio pseudo definitivo chiedo l’autorizzazione triennale di struttura temporanea amovibile, come quella che ho fatto io, e non va in concessione, te la danno in 30 giorni e ti fai uno stadio così. E poi lo sai che il temporaneo in Italia è sempre definitivo, vero?

Un chiaro tentativo di aggirare le regole, d’altra parte anche quando il Cagliari giocava al Sant’Elia le autorità (calcistiche e non) avevano chiuso occhi e orecchie consentendo l’utilizzo di una struttura fatiscente e priva dell’agibilità. Cellino sapeva che la Prefettura e la Questura avrebbero potuto porre degli ostacoli, cosa che fra l’altro spiega le ragioni dell’opposizione dal Prefetto a far giocare ad Is Arenas Cagliari – Milan, una resistenza vinta soltanto grazie ad un ricorso urgente al Tar. Il suo metodo? Muoversi mentre i controllori erano in vacanza: una sorta di “glielo faccio trovare già pronto, così non possono fermarmi“.

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ultimo aggiornamento: 14-02-2013