Davide Nicola è un esperto di incarichi presi a stagione in corsa, come nell’occasione delle salvezze di Crotone, Genoa e Salernitana. Di questo e altro ha parlato a Radio Serie A.
SUBENTRARE – «Quando inizi una nuova avventura e hai la possibilità di rappresentare un popolo, una storia, qualsiasi essa sia, senti un’adrenalina pazzesca. Devi entrarci dentro, capirne la forma mentis, studiarli e rappresentarli al massimo e ovunque. E in quel momento non vorresti fare altro, vieni trascinato dentro. Con il mio staff ci teniamo sempre in contatto: che sia allo stadio o ognuno a casa propria, ci immaginiamo spesso alla guida di una squadra e proviamo a capire cosa faremmo, diremmo o imposteremmo il lavoro. E questo è un allenamento incredibile, tecnicamente ed emotivamente. In quel momento è come se quella squadra la allenassimo noi, portando un vantaggio enorme perché ci permette di essere pronti quando e se si subentra. Hai già impostato il lavoro di base e puoi concentrarti solo sulle priorità».
ALLEGRI – «Massimiliano era una mezz’ala tecnicamente molto forte e dotata; il suo calcio era propositivo da amante del calcio assoluto quale è. Ha una capacità straordinaria nel leggere l’evoluzione del gioco. Negli ultimi 13 anni è cambiato, come è cambiato il mondo del calcio, come raccontarlo, come viene visto e le metodologie più funzionali. Ogni allenatore vuole vincere e per farlo si devono fare i conti con il proprio modo di intendere il calcio e i calciatori che si hanno a disposizione».
CHIESA – «Federico ha le movenze riconoscibili in quelle del padre. La dedizione è ciò che lo spinge a fare sempre meglio. Io ho avuto la fortuna di giocare con Enrico e vi assicuro che tecnicamente era straordinario, ne ho visti pochi di giocatori così».
IMPORTANZA DEL MATCH ANALYST – «A oggi è tutto fondamentale. Anche per noi allenatori avere a disposizione dati specifici aiuta nello studio del gioco, anche se resta fondamentale lo studio attraverso la visione delle partite. Oggigiorno i giocatori sono abituati a leggere i dati e ad avere un riscontro oggettivo. Serve per dimostrare situazioni migliorabili e situazioni che invece funzionano già. Non si arriva all’omologazione perché ognuno interpreta i dati a suo modo a seconda di quello che interessa di più».
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