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Fagioli: «Squalifica Giocare a calcio mi avrebbe aiutato di più, stare lontano è una punizione»

Fagioli: «Squalifica Giocare a calcio mi avrebbe aiutato di più, stare lontano è una punizione». Le parole del calciatore della Juve

(dal nostro inviato) – Fagioli ha raccontato la sua esperienza di vita e di calciatore della Juve all’evento contro il gioco d’azzardo “Taxi 1729”.

Adesso sto molto meglio. Un anno fa è stato il momento più difficile della mia vita, poi con l’aiuto di Paolo sto migliorando. Ora mi fa stare bene la mia famiglia, i miei amici, fare sport.
Ho cominciato le prime volte quando avevo sedici anni, all’inizio era come un gioco, poi pian piano è diventato una malattia, ho iniziato subito con le scommesse sportive quando giocavo alla Juve nel vivaio.

All’inizio pensi di saperne di più, ma poi anche guardando le partite in tv capisci che essere calciatore non hai vantaggio. Da piccolo giocavo a calcio, tennis e anche oggi sto giocando di più a tennis, poi ping pong e tutti quelli con la racchetta me la cavo.

Prima di perdere il controllo mi piaceva proprio giocare, cercavo la dopamina senza saperlo. Poi mi sono reso conto che era una malattia, ci ho messo troppo tempo a chiedere aiuto. Meno male che a maggio ho avuto l’idea di farlo.

Giocare a tennis mi aiuta tanto, mi diverte e nel tempo libero mi aiuta tanto.

A scuola me la cavavo, avevo la media del 6, 7, stando abbastanza largo (ride). Non mi piaceva andare a scuola, questo no. Ma se ci ripenso ho vissuto bei momenti a scuola, la facevo con i compagni di squadra e ci siamo divertiti. Quando ti trasferisci vivi con loro quotidianamente, mentre la famiglia la vedi una o due volte a settimana, non è facile ma ti fa crescere in fretta.

Perché mi sono iscritto a piattaforme illegali? Perché non potevo farlo col mio nome intanto, anche se all’inizio non sapevo quale fosse la differenza tra i .it e i .com. Il motivo vero non lo so perché ho cominciato su quelle piattaforme, poi ho continuato perché mi trovavo bene.

Giocare on-line, che sia illegale o no, è difficile vincere. Le perdite sono istantanee, le vincite hanno bisogno di tempo e quindi ricarichi subito, forse è questo il meccanismo per cui il banco vince sempre.

Il rapporto con gli amici e la famiglia era cambiato, volevo sempre stare da solo, mi sembrava che quello con loro fosse tempo perso. Ed è questa la cosa più cambiata nella mia vita.

Ero sempre nervoso, l’unico mio sfogo era la partita perché mi allenavo male e questo faceva di me un calciatore che non dava il 100% in campo.

Al telefono trascorrevo tra le 10 e le 12 ore al giorno. Adesso? Adesso non gioco più, il telefono lo uso 3-4 ore.

Ai videogiochi giocavo, ma non tantissimo. Una o due ore al giorno, a Fifa o Call of Duty. Essere calciatore non è un fattore di rischio, la disponibilità economica non incide troppo perché poi se hai 100 giochi 100, se hai 1 giochi 1.

Non so perché ho iniziato, forse la solitudine e la lontananza da casa ha influito.

Ho tantissima voglia di tornare in campo, non vedo l’ora. Il 19 maggio finisce la squalifica, il 25 dovrei giocare l’ultima di campionato. Gli Europei? Sono un sogno. Dal mio punto di vista mi avrebbe aiutato giocare a calcio. Stare lontano dai campi è una punizione che mi han dato ma che mi ha reso tutto anche più difficile. Sono stato obbligato ad accettarlo altrimenti non sarei più tornato

Ho capito di essere sulla buona strada quando ho ricominciato ad apprezzare il tempo trascorso con la famiglia e i miei amici. Compagni e società mi hanno aiutato molto standomi vicino. Lo spogliatoio prima delle partite mi manca, ma per il resto è come se non fosse successo nulla. Dopo che è uscito il casino ero più concentrato a non far uscire altre cose di me sui giornali che non sul resto, poi superate le prime due settimane son tornato a pensare alla squadra ed è stata dura non poter partecipare a partite e trasferte

All’inizio ho provato rabbia e vergogna quando erano uscite tutte le cose sui giornali, poi ho vissuto un momento di pace. E ora ho solo voglia di tornare in campoAllo stadio non ho ricevuto insulti che temevo, penso a San Siro. Anche per strada. Continuo a fare quello che volevo serenamente

Non dormire la notte, tutto il tempo che mi prendeva ricevere chiamate, messaggi…Ho chiesto aiuto perché avevo toccato il fondo

Sembra una banalità, ma anche io a 16 anni pensavo di potermi controllare e non credevo a chi mi parlava di malattia.

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Redazione F

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