Ha lasciato la presidenza della Lega Pro lo scorso dicembre. Francesco Ghirelli torna a parlare dello stato del calcio italiano in un’intervista al Corriere della Sera.
LA CRISI DEL CALCIO ITALIANO – «Siamo stati il campionato più bello del mondo, condizionato da un tarlo: si reggeva sulle plusvalenze. Non abbiamo voluto cambiare, né riformare, così i nodi sono venuti al pettine. E abbiamo chiuso gli occhi. Ogni stagione perdiamo un miliardo e 300 milioni di euro, la Nazionale non è andata agli ultimi due Mondiali, i giovani calciatori sono sempre meno, le strutture sportive carenti, gli stadi obsoleti. Devo continuare?».
I DIRITTI TV – «Ho dovuto fare “il matto” per convincere che bisognava muoversi per attenuare gli effetti negativi. Sui diritti tv, i club top in Italia prendono un terzo in meno degli ultimi della Premier League. Ora c’è una trattativa privata per i prossimi anni, mentre i migliori giocatori se ne vanno. Il tutto mentre le tv a pagamento hanno scoperto gli altri sport. Il tennis oggi ha più canali del calcio. E bisogna chiedersi il perché».
INTERVENTI DA FARE – «Guardando in faccia la realtà. L’attenzione di un giovane a un evento è stimata in 4 secondi di fila, i ragazzi preferiscono gli hihglights sul telefonino. Le partite di calcio sono lontane anni luce dai loro interessi. Siamo obsoleti. Bisogna stare al passo con i tempi. Questo significa essere catastrofisti o lucidi riformatori?».
L’INVASIONE ARABA – «Comprano i giocatori più bravi, costruiscono stadi efficienti e confortevoli, investono. Fanno quello che facevano gli imprenditori europei e italiani sino a qualche anno fa. Ora leggo solo critiche verso questa nuova realtà. Invece, potremmo governare la transizione se usassimo curiosità e guardassimo avanti. Ma per farlo dobbiamo abbandonare toni di superiorità e visioni retrograde».
IL FUTURO DEL CALCIO – «O lo cambiamo o entro dieci anni la sua sorte sarà segnata e diventerà sport residuale, per anziani. Svelo un piccolo segreto: il giorno dopo Italia-Macedonia andai da Gravina e gli dissi che non ero venuto a parlare dell’eliminazione dal Mondiale, ma del fatto che entro tre mesi occorresse produrre un progetto concreto di sviluppo del calcio giovanile in Italia».
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