[blogo-video provider_video_id=”” provider=”youtube” title=”The Class of ’92 Trailer — on DVD 2nd Dec” thumb=”” url=”http://www.youtube.com/watch?v=0oanSiO15Ig”]
I tifosi del Manchester United hanno cerchiato di rosso la data del 2 dicembre sul calendario, quel giorno infatti sarà messo in vendita “The Class of ’92”, un film-documentario che racconta la storia di un gruppo di ragazzini che nel giro di pochi anni avrebbero cambiato il volto al calcio inglese e non solo. L’opera è dei fratelli Benjamin e Gabe Turne e ripercorre l’inizio delle carriere brillanti di sei giocatori che cominciarono vincendo la FA Youth Cap in quell’anno per poi arrivare, tutti insieme, a salire sul tetto del mondo nel 1999 indossando sempre la stessa maglia, quella dello United. Gli attori, i sei protagonisti del lungometraggio, sono campioni affermati che hanno avuto carriere splendide, stiamo parlando di Paul Scholes, David Beckham, Nicky Butt, Ryan Giggs, l’unico che a 40 anni suonati ancora non vuole saperne di smettere, e i fratelli Gary e Phil Neville.
Ma l’opera non racconta soltanto la storia di questi adolescenti e del loro percorso fino a diventare campioni acclamati in tutto il mondo. È anche un’istantanea dell’Inghilterra dei primi anni ’90, il paese usciva dal thatcherismo, il calcio inglese non aveva mai toccato un punto più basso con la squalifica dalle competizioni europee e la conseguente riforma di tutto il sistema che ha portato alla creazione della Premier League, così come la conosciamo oggi. Le stelle di quello United spettacolare che nel 1999 arrivò a centrare il cosiddetto “Treble” ci restituiscono uno spaccato della società dell’epoca preziosissimo, arricchito dalle testimonianze importanti di tanti altri personaggi di spicco come Zinedine Zidane e Eric Cantona, ma anche Tony Blair, proprio in quegli anni il New Labour tornò al potere dopo un lungo periodo di politiche conservatrici, e Danny Boyle, regista di Trainspotting, altra pietra miliare dell’epoca.
Un film che non è dedicato solo ai tifosi dei Red Devils ma a tutti gli appassionati di calcio del mondo. Particolarmente toccanti sono i racconti degli altri ragazzi del ’92, quelli che non sono riusciti ad emergere nel calcio dei grandi dovendo rinunciare presto ad una carriera da professionisti: è il caso di Raphael Burke, il più talentuoso di quella squadra, che poi è finito a vivere a Bristol con la madre, impiegato di una società informatica. Quello che è rimasto intatto in tutti questi anni è il forte legame di amicizia tra i protagonisti di questa storia meravigliosa che va di pari passo con una passione che non si è mai spenta, quella per il pallone, strumento di riscatto sociale impersonato alla perfezione da questi figli della working class britannica, legati ancora oggi da una fortissima amicizia e dall’amore per “il gioco” che pur avendo cambiato le loro vite è rimasto sempre tale.
Il calcio ancora una volta riesce a fornire spunti di riflessione che vanno ben oltre il rettangolo verde, è lo specchio di una società, dei suoi pregi e dei suoi difetti. La qualità saliente di questo documentario è proprio quello di riuscire a partire da una storia di sport, fatta di sacrifici, gioie e dolori, come ce ne sono tante, fino ad arrivare ad analizzare con cura lo scenario più ampio di un paese che in quegli anni ha subito una vera e propria rivoluzione sociale e culturale, silenziosa ma non per questo meno efficace. Un po’ come l’opera di dieci anni fa di John Dower, “Live Forever” per certi versi è infatti molto simile anche se lo spunto è la musica e non il calcio. Gli appassionati del genere non resteranno delusi, ma i 98 minuti di questo documentario saranno apprezzati anche da chi non è patito di questo gioco che spesso è molto di più di un passatempo per milionari che corrono dietro ad un pallone.
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