Hakan Sukur è stato il giocatore più forte e più noto al mondo della Turchia del suo periodo. Oggi, per ragioni politiche, vive da esule in California e lotta da lontano contro Erdogan: su di lui pende un ordine di cattura con l’accusa di avere fatto parte del tentativo di golpe che nel 2016 ha provato a rovesciare il presidente in carica. Da ex interista commenta da lontano la finale col Manchester City con La Gazzetta dello Sport.
INTER A ISTANBUL – «Mi emoziona, ma mi ricorda che mi è stato privato perfino il diritto di andare a vedere una partita di pallone. Avrei voluto accogliere io l’Inter in città, abbracciare i giocatori, dire che sono fiero di loro e che ce la faranno. Anche se a distanza, tutte le mie preghiere sono per loro».
INTER IN FINALE – «L’Inter è grande, non è mai una sorpresa. Zanetti, poi, è un uomo speciale: ti insegna cosa è questa maglia. Quelli del City forse sono più forti, ma è un 50 e 50. E poi il pubblico turco potrebbe essere decisivo: sarà tutto per Calhanoglu. Anche Gundogan ha origini turche, ma Hakan è il capitano della nostra nazionale».
DUELLO DI ATTACCANTI – «Haaland ha una forza fisica impressionante, ma l’Inter di centravanti di livello internazionale ne ha tre. Dzeko è un uomo da grandi notti, Lukaku è tornato ai suoi livelli e si trova benissimo con Lautaro, che spero sia l’uomo del destino, come Milito del 2010»
ESULE – «Sono rimasto solo e ripartito da zero, ma la mia patria è lì. Vorrei che fosse rispettata la costituzione: sono pronto a rispondere davanti al mondo intero in un processo per le accuse nei miei confronti. In più, vorrei anche tornare nella mia seconda casa: l’Italia e, soprattutto, la città dell’Inter in cui ho lasciato tanti amici».
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