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Il Paris Saint Germain è una babele: sette nazionalità diverse, com’è dura imparare il francese

Da quando il Paris Saint Germain è diventato un marchio mondiale del pallone, dalle parti del Parco dei Principi si sono visti campioni dalle più disparate nazionalità; attualmente nella rosa allenata da Laurent Blanc convivono giocatori provenienti da Svezia, Olanda, Brasile, Italia, Argentina, Uruguay e ovviamente Francia, tutti paesi con lingue latine ad eccezione dello svedese, ma Ibra conosce molto bene l’italiano, e l’olandese, con Var der Wiel che anzi si è mostrato da subito uno dei più volenterosi. Il problema della comunicazione nella squadra parigina è importante, fondamentale, in un Paese orgoglioso della sua lingua (quasi ai limiti dell’ossessivo) e i cui rappresentati della squadra attualmente più forte non spiccicano una parola in francese: oggi Le Parisien fa un punto della situazione, sottolineando come l’arrivo sulla panchina dei capitolini di Blanc abbia invertito una rotta che con Ancelotti aveva portato i giocatori ad adagiarsi sugli allori.

Innanzitutto il quotidiano parigino fa i complimenti al portiere Salvatore Sirigu, che dopo pochissimi mesi sotto la Tour Eiffel già rilasciava interviste in francese, “l’ho imparato subito per sedurre la mia ragazza” aveva scherzato qualche tempo fa in una trasmissione televisiva; l’altro italiano Marco Verratti, ormai al secondo anno inoltrato al PSG, è invece ancora in alto mare (lo capisce, poco, ma non lo parla), così come Thiago Motta e Ezequiel Lavezzi. E’ difficile da credere che dopo 15 mesi non siano ancora in grado di rilasciare dichiarazioni nella lingua madre della città che li ospita, anche perché come spiega Maxwell, uno che invece si avventura a parlare in francese con buoni risultati, “è una questione di rispetto per il club“. Ne è cosciente anche il capitano Thiago Silva, come molto suoi colleghi in difficoltà:

“In un primo momento, la barriera linguistica mi ha messo molto in difficoltà. A volte ho fatto finta di ridere alle battute senza realmente capire, è capitato pure di passare la palla a un giocatore sbagliato! Da quando capisco meglio il francese le cose stanno andando meglio, anche perché è importante per me come capitano. Questa è una lingua difficile, soprattutto per noi brasiliani, perciò mi sono deciso ad iniziare lezioni di francese e spero davvero di rilasciare presto un’intervista in questa lingua”.

Javier Pastore è uno dei più “anziani” nello spogliatoio del nuovo Psg arabo, eppure ancora nessuno pubblicamente lo ha mai sentito parlare in francese, anche se, spiega, “capisco tutto e bene, ma mi vergogno di parlare pubblicamente in questa lingua perché ho paura di fare errori grammaticali“. Vergogna che non ha provato Zlatan Ibrahimovic quando alla vigilia della super-sfida contro il Marsiglia si è avventurato in un’intervista sinceramente molto simpatica (rigorosamente in francese… maccheronico). Sub judice i due nuovi acquisti: Marquinhos e Edinson Cavani per il momento stanno studiando, anche se l’uruguaiano appena arrivato a Parigi dichiarò serio che “impararlo per me sarà importante per la mia vita e il mio sviluppo personale, comincerò subito a studiarlo ma datemi almeno tre mesi di tempo prima di farmi domande in francese“. Una considerazione personale (o meglio una domanda) a margine mi pare necessaria: ma se tutti questi giovanotti fossero andati a giocare in Russia o in Giappone, quanti secoli gli sarebbero serviti per imparare una parola nell’idioma locale?

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