I nomi degli ultimi tre allenatori del Napoli in ordine cronologico dal più lontano al più vicino: Donadoni, Mazzarri, Benitez. Destini che si incrociano e beffe che si consumano. Il primo, ora a Parma, batte il Maestro spagnolo (di presunta tattica), lo fa come fece con Mazzarri, ma questa volta utilizzando proprio il calcio di Mazzarri che per quattro anni ha fatto crescere la realtà partenopea fino alla seconda piazza della Serie A e alla grande platea internazionale della Champions League.

Quasi un intrigo, una di quelle storie che il calcio con una certa cadenza offre (chi non ricorda Ancelotti alzare la Coppa con le Grandi Orecchie in faccia alla Triade della Juventus in quella serata di Manchester dopo due anni e mezzo di amarezze insieme?), nulla di clamoroso però se si pensa ogni tanto con una certa dose di perspicacia in più del solito che siamo nel calcio italiano. Un calcio dove tutto è possibile e dove i Grandi Maestri stranieri si possono contare, nella storia, sulle dita di una sola mano.

Difficile dunque arrivare nello Stivale e pensare di insegnare calcio: da questo assioma deve trarre molto Benitez, uomo capace ma anche molto pieno di sé, in realtà allenatore pragmatico sconfitto questa volta proprio dalla pragmatica tutta italiana che ha coinvolto gli elementi classici del calcio di ogni epoca: un portiere che para (Mirante) e un talento che può far saltare il banco (Cassano) messi dentro una preparazione della partita più certosina rispetto alle abitudini di Premier e Liga.

C’è anche la parola rivincita, nascosta lì, dietro la bocca sempre mezza storta, dal fare beffardo, di Roberto Donadoni. Fu esautorato troppo presto dalle manie e dalla fretta di De Laurentiis. Non un top-allenatore, come non lo è Mazzarri, e tra i due c’è anche quel 3-5-2 in comune che Donadoni propose molto presto già a Livorno (terra di Mazzarri). Caratteri però diversi, diametralmente opposti. E a De Laurentiis sotto sotto stava meglio un sanguigno: con il senno di poi ha avuto ragione.

Ora però tocca a Benitez mostrare di avere un lato “tosto”, perché in vista di Dortmund e delle prossime gare di campionato prima della sosta conta solo tirar fuori gli artigli, ovvero far svoltare alcuni giocatori sotto standard (vedi Inler) e soprattutto alzare l’asticella di altri che vivono con l’etichetta di seconde linee fin dal primo momento. Un errore a cui Benitez deve rimediare. E anche molto in fretta.

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ultimo aggiornamento: 23-11-2013


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