Sergio Brio è più di un ex calciatore: è un simbolo della Juventus, un uomo che ha dato tutto per la maglia bianconera. Oggi, nel ruolo di Fan Ambassador, ha voluto raccontare il suo legame viscerale con il club in un’intervista a TuttoSport. “La Juventus è stata la mia vita, la mia famiglia”. Lo stopper ha indossato la maglia bianconera per 378 volte, vincendo 12 trofei. Tra questi, la Coppa dei Campioni del 1985 e la Coppa Intercontinentale brillano come trofei di un’epoca d’oro.
Sull’attualità bianconera, Brio non le manda a dire. Le critiche a Cristiano Giuntoli, direttore sportivo sotto pressione, lo fanno sbottare: “Si parla troppo e si giudica troppo in fretta”. Per lui, il dirigente merita fiducia, non processi sommari. “Ha ereditato una situazione difficile, ci vuole tempo per costruire”, ha spiegato, difendendo un lavoro che molti tifosi sembrano non capire. Giuntoli, nel frattempo, ha puntato al nuovo attaccante per la prossima stagione. Poi, un tuffo nel passato: “Ai miei tempi era pane e salame, si pensava solo a giocare. Oggi c’è un frastuono mediatico che confonde tutto”. Ma una cosa non cambia, assicura Brio: la fame di vittoria dei tifosi juventini, un fuoco che brucia ancora, nonostante i tempi siano diversi.
Parlando di Thiago Motta, Brio si schiera senza esitazioni: “Era giusto puntare su di lui”. Lo dice con la sicurezza di chi ha vissuto gli anni d’oro e sa riconoscere un progetto valido. “Ha grinta e idee, ma serviva pazienza per farle crescere. A Coverciano era considerato uno dei migliori”, ha aggiunto. Brio ha concluso facendo il punto sulla situazione Vlahovic: “Io stravedo per lui, deve cercare di essere più tranquillo quando riceve la palla perché ha grandi doti. Gli ho visto fare dei goal eccezionali. Un giocatore difficilissimo da marcare“.
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