La Gazzetta dello Sport ha intervistato Sebastian Balbì, uno dei primi allenatori di Tomas Palacios. “Ha sempre puntato l’Europa. Era il suo sogno, e alla fine l’ha realizzato. A General Pico se non lavori in fabbrica hai due scelte, giocare a calcio o tirare a canestro. Tomas ha scelto il pallone, ma all’inizio preferiva fare l’attaccante. È sempre stato altissimo, più di tutti i suoi coetanei, e a questo univa anche un bel mancino. Riusciva a fare la differenza al primo tocco di palla. La prima volta che l’ho visto indossava scarpini di almeno due numeri più grandi. Il papà lo portò all’allenamento di mattina, lui teneva la testa bassa e si guardava i piedi. Gliela tirai su, e poi lo mandai subito in campo”.
“Uno come lui lo notavi subito. Mi colpì la sua coordinazione nei movimenti. Nonostante fosse il più alto riusciva a coniugare il fisico e la tecnica, tant’è che durante i tornei gli davamo spesso la numero 10. Ogni tanto provava a segnare in rovesciata… e ci riusciva. Decise così una partita di un torneo, Si è distinto per diverso tempo nei nostri ‘Pulcini’, salvo poi giocare in tutte le categorie. All’inizio faceva la punta o il fantasista, poi ha fatto l’esterno destro con licenzia di rientrare, il mediano e infine il centrale”.
“Tomas ha sempre avuto il pallino dell’Europa. I nerazzurri impareranno a conoscere un ragazzo d’oro. E a Inzaghi do un consiglio: gli dia la libertà di dribblare. L’ha sempre saputo fare”.
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