La settimana scorsa il Cagliari ha dovuto effettuare un tour de force che nel panorama calcistico mondiale non è mai stato richiesto ad alcun club (se non forse al Vladivostok in trasferta a Kaliningrad): in una settimana Lopez, Pulga e i loro ragazzi hanno dovuto peregrinare da Trieste a Livorno per poi tornare a Trieste, il tutto passando dalla Sardegna due volte, centinaia di chilometri che hanno fatto traboccare il vaso della pazienza. I giocatori del sodalizio sardo non ne possono più di disputare partite su partite sempre fuori casa, hanno cominciato ad odiare le trasferte triestine e soprattutto per questo andirivieni sottraggono tanto, troppo tempo alle loro famiglie di stanza a Cagliari. Per questo il capitano dei rossoblu di lungo corso, il mai domo Daniele Conti, ha espresso tutta la frustrazione della squadra in un’intervista che non lascia spazio a interpretazioni:
“Ci siamo stancati di giocare a Trieste, da due anni siamo costretti a giocare sempre in trasferta. Senza i nostri tifosi è dura. La società ci aveva promesso uno stadio, ma al momento nulla si è mosso. Non so per colpa di chi, non mi interessa. Io so solo che vogliamo tornare a giocare a Cagliari. Facciamo questo appello affinchè si muova qualcosa, abbiamo giocato tre partite in una settimana, trascorrendo più tempo in aereo che a casa. Dopo tante chiacchiere, è il momento di passare ai fatti concreti. Abbiamo bisogno di lanciare un segnale forte. Fare sciopero? Ne parlerò con i compagni, ma fosse per me lo farei. Io ho firmato per il Cagliari e ho diritto di giocare a Cagliari”.
Il week-end prossimo, ironia della sorte, il Cagliari sarà di scena a Udine, poi ci sarà la sosta quindi nuovo impegno “casalingo” contro il Catania; da più parti ci si augura che la partita possa giocarsi in Sardegna anche se Massimo Cellino, presidente del club, non era convinto qualche giorno fa e non fa proclami oggi, in una intervista rilasciata alla Gazzetta:
“È tutto o quasi fermo. Dopo tanti buoni propositi e tanta gente in fila che giurava di avere a cuore il futuro della squadra e della tifoseria, si va al rallenty. E qualsiasi cosa accada, per coprire magagne e lentezze, diranno che la colpa è mia, perché sono arrogante e non ho pazienza. Intanto, prendono in giro i cittadini. Il rapporto con il Comune? Sono fiducioso ma c’è chi vuole metterci i bastoni tra le ruote. Se non sono simpatico, attacchino me. Ma la squadra e i tifosi hanno il diritto di vedere la fine del pellegrinaggio”.
Di certo il numero uno dei sardi non ha intenzione di tornare al Rocco di Trieste:
“Chiunque arriva al Nereo Rocco ci fischia e ci insulta. Offendono i Quattro Mori eppure giochiamo in casa. E non si tratta di un gruppetto di ultrà. La verità? Forse siamo diventati un peso ovunque. Siamo gli zingari d’Italia. Viviamo una situazione assurda e insostenibile. A Trieste non torniamo: ho i giocatori sul piede di guerra. Se non giochiamo al Sant’Elia contro il Catania il 19 ottobre, piuttosto andiamo a Livorno”.
E la storia, tristissima storia, continua…
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