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Fare l’allenatore al tempo della crisi: giocatori mediocri ma meno rischio esonero

Se Massimo Cellino in quel di Leeds non ha perso il vizietto di disfarsi e cambiare allenatori come fossero scarpe vecchie, in Italia quest’anno stiamo assistendo a un periodo di stallo sul fronte esoneri: siamo ormai a novembre, le squadre professionistiche del nostro calcio sono centodue e fino ad oggi hanno cambiato guida in panchina appena dieci squadre, di cui sette in Lega Pro, due in cadetteria e solo una in massima serie. Non sarebbe neanche una notizia se non fosse che di presidenti esigenti e vulcanici, nonché impazienti, nel Balpaese ce ne sono a bizzeffe, o forse è il caso di iniziare a usare il tempo imperfetto perché il trend di quest’anno certifica cautela. E non è solo lungimiranza, fiducia incondizionata o semplice intelligenza, a volte c’entrano anche i soldi.

Il presidente della Sampdoria Massimo Ferrero, una volta insediatosi a Bogliasco, aveva constatato che alla voce uscite c’era anche l’ingaggio di Delio Rossi e di tre uomini del suo staff, una cosa per lui inconcepibile:

“Ho provato a incontrare l’allenatore per risolvere il contratto tra persone ragionevoli e cercare una transazione. ‘Non mi conviene’ mi ha detto. Questo è il calcio italiano. Fino a quando qualche benemerito non avrà pietà di me e assumerà Rossi per farlo lavorare in un’altra realtà, le cose continueranno ad andare così. Spero solo che il tecnico sia in pace con la sua coscienza perché a incassare uno stipendio senza muovere un dito, io mi vergognerei. Mi tremerebbero le mani”.

Dunque aveva proposto al trainer romagnolo di allenare i fuori rosa o una delle squadre giovanili, ma era intervenuto il presidente dell’AIC Renzo Ulivieri dichiarando illegittimo il demansionamento. E’ solo un esempio, molto pratico, di cosa vuol dire esonerare un allenatore: come è ovvio rimane a libro paga fino a che non trova una nuova squadra e in questo momento storico in cui di soldi non ce ne sono, è bene insistere piuttosto che elargire il doppio.

Certo, forse non è solo questo. Per esempio il Parma: senza Paletta, Cassani e Biabiany fuori causa, ceduti Parolo, Molinaro e Amauri, Leonardi e Ghirardi di sicuro avevano messo in conto che Donadoni avrebbe potuto patire qualche difficoltà, anche alla luce del contraccolpo psicologico per la mancata qualificazione in Europa. Oggi i presidenti mettono a disposizione del tecnico un materiale umano molto povero, così non è colpa di Iachini (Palermo) o Drago (Crotone) se le loro squadre faticano a risalire la classifica, diversa forse è la situazione in altre piazze: a Pescara, Terni e Vicenza probabilmente credono davvero di venir fuori da un momento di appannamento con Baroni, Tesser e Giovanni Lopez.

Insomma, magari saremo smentiti nel giro di quindici giorni e cominceranno a fioccare gli esoneri man mano che i tornei entreranno nel vivo, ma ad oggi le squadre che hanno fatto la loro scelta di cambiamento sono davvero poche: il Chievo in A, Latina e Catania in B, Pordenone, Venezia, L’Aquila, Paganese, Aversa Normanna, Cosenza e Savoia in terza serie. E’ solo un dato, ma che a monte ci siano ragionamenti di tipo economico non è certo un’eresia: gli allenatori esonerati bisogna continuarli a pagare. Ferrero ne sa qualcosa.

vieni127

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