I brasiliani non vedono l’ora che finisca questo 2013, un anno sfortunato che un po’ alla volta si sta portando via tutti i miti della Seleçao capace di laurearsi campione del mondo in due edizioni consecutive dei Mondiali, nel 1958 in Svezia e nel 1962 in Cile. Oggi è scomparso Nilton Santos, aveva 88 anni, da cinque era affetto dal morbo di Parkinson, era ricoverato in ospedale da qualche giorno ed è stata fatale per lui un’insufficienza respiratoria. Nel 2000 la Fifa lo aveva eletto miglior terzino sinistro di tutti i tempi e faceva parte della FIFA 100, la lista curata da Pelè che include i 125 migliori calciatori viventi di tutti i tempi.

Il suo soprannome era “Enciclopedia del calcio“, o semplicemente A Enciclopedia, affibbiatogli per la sua grande conoscenza del calcio e per la capacità di saper fare bene tanto la fase difensiva quanto quella offensiva. E se nel calcio moderno giocatori del genere ce ne sono molti, nel dopoguerra un concetto del genere era semplicemente alieno dalle tattiche più in voga. Fu proprio quel mitico Brasile, allenato da Vicente Feola (pittoresco allenatore di origini salernitane) a usare per primo i terzini che qualche anno più tardi avrebbero preso l’appellativo di fluidificanti, esterni nella linea di difesa rigorosamente a quattro uomini che sapevano dare il loro contributo anche in fase di costruzione, grazie alla loro velocità e alle spiccate doti tecniche.

Nilton Santos è stata una bandiera del Botafogo, ha speso tutta la carriera in bianconero disputando con quella maglia oltre 700 partite. La fedeltà era per lui un valore importantissimo, per questo riservava critiche sempre molto feroci ai suoi colleghi che avevano l’abitudine di cambiare casacca molto spesso (“Baciano la maglia quando segnano, ogni anno una maglia diversa”). A lui si deve anche la “scoperta” di Garrincha, altro campione scomparso troppo presto, fu Nilton Santos infatti a segnalarlo al suo club, tutti sappiamo cosa avrebbe fatto nella sua carriera. Oltre ai due mondiali ha vinto anche un Campionato Sudamericano e un Campionato Panamericano (nel 1949 e nel 1952) sempre con il Brasile, oltre a svariati campionati nazionali. Inspiegabilmente fu escluso dalla Seleçao del 1950, quella rimasta tristemente nella storia per la clamorosa sconfitta in finale al Maracana contro l’Uruguay.

Parlavamo di anno nero per quella che forse è stata la nazionale più forte di sempre. Nel 2013, nel giro di pochi mesi, sono già quattro i campioni che ci hanno lasciato. Il primo è stato Djalma Santos, morto nello scorso luglio, era lui l’alter ego di Nilton Santos, il terzino che sulla fascia opposta seminava il panico con altrettanta efficacia. Di lui ricordiamo anche il periodo italiano a inizio anni ’80 quando a Bassano del Grappa, in compagnia dell’ex juventino Cinesinho, aveva fondato una scuola calcio in cui provava a insegnare ai bambini a divertirsi con questo sport prima che a vincere.

Agosto è stato invece fatale per altre due glorie, il 24 è scomparso Nilton de Sordi, era malato di Parkinson e aveva vinto il Mondiale del 1958. Il giorno dopo invece i brasiliani avevano dovuto dire addio ad una leggenda assoluta, il portiere Gilmar dos Santos Neves. o semplicemente Gilmar, il suo nome di battesimo frutto della fusione di quello dei suoi genitori, Gilberto e Maria. La leggenda narra che a lui si deve l’introduzione dei pantaloncini corti per gli estremi difensori, i lunghi in voga all’epoca non gli offrivano sufficiente libertà di movimento. Sulla sua spalla piangeva Pelè, sopraffatto dalla gioia per il trionfo di Stoccolma, in una foto rimasta nella storia. Con lui tra i pali il Brasile riusci a mantenere la porta inviolata per 17 partite, subendo gol soltanto nella semifinale del torneo svedese. È l’unico portiere ad avere vinto due Coppe del Mondo, ma nella sua lunga carriera ha alzato al cielo anche due Libertadores e due Intercontinentali con la maglia del Santos. La stessa di un certo Pelè che a 17 anni vinse la sua prima Rimet.


Il Brasile che ha battuto in finale la Svezia. In nero Gilmar, alla sua destra Djalma Santos e poi Nilton Santos. Pelè è il terzo da sinistra.

Di quella meravigliosa squadra restano il capitano Bellini, Zagallo (campione del mondo da allenatore nel 1970 e secondo nel 1998, sconfitto dalla Francia), Zito e ovviamente Pelè simbolo di un Brasile che seppe far innamorare il mondo, forse il primo prodotto veramente globale prodotto dal calcio. La notizia di oggi, come quelle dei mesi scorsi, non possono che riempire di tristezza: nell’anno che ci porta al mondiale carioca, sarebbe stato bello se questi campioni avrebbero potuto seguirli, dalle tribune o da casa. È beffardo che se ne siano andati così rapidamente in sequenza uno dopo l’altro, quasi come a voler lasciare la scena alla Seleçao di oggi che, come sempre, è chiamata alla vittoria per vendicare e per dimenticare, per sempre, quel terribile 16 luglio 1950.

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ultimo aggiornamento: 28-11-2013