Ore 13.45, sabato 28 settembre 2013: al White Hart Lane di Londra si sfideranno il Tottenham (primo in classifica con 12 punti) e il Chelsea (terzo a quota 10), una partita fondamentale per la classifica e pur sempre un derby (anche se i tifosi degli Spurs considerano come unica vera stracittadina quella contro l’Arsenal). Una gara, dunque, che avrebbe già insite in sé le stimmate di big-match di risonanza mondiale, ma che diventa un proprio evento sin dalla vigilia per la presenza sulle panchine dei due club di due allenatori un tempo stretti collaboratori e ora accesi rivali. Una storia di amore (prima) e odio (poi) di non difficile comprensione: connazionali e ambiziosi, Mourinho era già un personaggio calcistico internazionale quando Villas-Boas era suo collaboratore. Non il suo vice, ma il suo tattico, un anonimo collaboratore (all’Inter, per esempio, il secondo era Beppe Baresi) che a un certo punto ha pensato di mettersi in proprio (storica la foto del loro saluto d’addio alla Pinetina).

Quattro anni fa AVB prima accettò l’incarico all’Academica, condotto a un’ottima salvezza, quindi al Porto che fu proprio dello Special One: sulle rive del Douro Villas-Boas riuscì a far dimenticare l’uomo di Setubal, portando in dote entusiasmo, bel calcio, titoli in patria e una Europa League. Il tutto senza che i due si sentissero, strade ormai separate, l’orgoglio di dimostrare a loro stessi, prima che al mondo intero, che erano migliori l’uno dell’altro. Perciò non l’ha presa benissimo, per usare un eufemismo, Mou quando il giovane collega ha profanato la panchina del suo grande amore, il Chelsea, la stessa squadra dove ora allena proprio Mourinho. Parallelismi e frecciate velate a distanza, senza l’ombra di un incontro, con Villas-Boas sempre più infastidito dell’appellativo di Special Two e Mourinho per niente contento delle “mire espansionistiche” del suo pupillo ingrato. Una storia di orgoglio, qualche invidia e desiderio di essere personaggi a loro modo unici, una storia che si arricchirà di un succoso capitolo domani pomeriggio.

Le premesse sono ottime se già la vigilia è stata così tanto infuocata, aizzata da Villas-Boas che in conferenza stampa ha rivelato:

“Abbiamo rotto perché io ambivo ad essere maggiormente coinvolto nel lavoro che faceva Mourinho e non volevo più limitarmi a fare l’osservatore o a preparare le partite. Sentivo di avere molto da offrirgli, quindi inizialmente pensai di continuare a lavorare con lui, ma lui non sentiva la necessità di avere qualcun altro al suo fianco come assistente e così decidemmo di comune accordo che fosse arrivato il momento di prendere strade separate. Il mio non è stato un capriccio, ma una scelta per evolvermi perché ero consapevole delle mie qualità. Ora non ci parliamo dal 2009 e questo è quanto, ma non perdo di certo il sonno per questo. Sappiamo entrambi che quello che abbiamo vissuto non si cancellerà mai e ci rispettiamo, ma non è più come prima”.

La replica di Mourinho è sibillina:

“Non devo parlare in pubblico dei miei rapporti con Villas Boas. Non sono interessato a commentare le sue parole. La sua decisione di allenare non è una questione che mi riguarda. Ho avuto molti assistenti nella mia carriera che hanno lavorato con me e con loro sono sempre stato un libro aperto. Se lui dovesse invitarmi a bere un bicchiere di vino? Lo farei, senza problemi. Accolgo sempre gli inviti dei miei colleghi. Posso dire che nella mia carriera ho giocato una finale di Champions League contro un manager molto importante per la mia crescita (Van Gaal) e affrontai quell’esperienza nel miglior modo possibile. Credo che sia questa la strada da seguire. Ora penso solo che domani ho una partita e che la cosa più importante sia vincere. Se mi manca Villas Boas? Mi mancano mia moglie e i miei figli”.

A dire il Villas-Boas non ha negato di aver imparato molto dal suo mentore:

“Dopo essere stati a stretto contatto per sette anni, ho imparato i metodi di lavoro di José che tanto successo gli hanno portato e li ho applicati. Del resto, ogni allenatore ruba idee qua e là e se puoi farlo dal migliore al mondo, lo fai, ma nessuno può copiare Mourinho e ogni tentativo di diventare il suo clone fallirebbe. Le nostre rispettive carriere possono sembrare uguali, ma in realtà ci siamo evoluti in modo differente e nessuno di noi ha qualcosa da dover dimostrare all’altro”.

Così come Mou non lesina complimenti al Tottenham in vista della partita di domani:

“E’ una squadra molto competitiva, in grado di lottare per i primi posti e anche per il titolo. Da diverse stagioni arriva a ridosso della Champions. C’è lo stesso allenatore da due stagioni. Giocatori di livello internazionale. Ora ci sono anche i ricambi. Il Tottenham B è dello stesso livello del Tottenham A. Per noi è una sfida importante. Ed è anche un derby”.

Ora la parola al campo anche se, qualsiasi risultato verrà fuori dal match di domani, la rivalità calcistica tra i due è destinata a non estinguersi in 90 minuti di battaglia sul rettangolo verde.

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