Per i bosniaci la coccinella è più di ogni altro il simbolo della buona sorte e così, Bubamara nella lingua locale, volle chiamare la sua scuola calcio off-limits un mito del mondo del calcio dai più ignorato: il suo nome era ed è Predrag Pasic e a questo ex centrocampista talentuoso (“Un Beckham mancino” come scherzosamente si autodefinisce) che Ervin Zukanovic deve buona parte, se non tutto, del suo successo. Correva l’anno 1993, Sarajevo era assediata dalle bombe, i bambini erano l’anello più debole di tutta quell’orribile faccenda: ne morirono 120, a migliaia rimasero feriti, tra questi poteva esserci anche l’attuale difensore del Chievo Verona che aveva cinque anni e che rispose all’appello di Pasic, già stella dell’FK Sarajevo, oltre che dello Stoccarda e del Monaco 1860.

Zukanovic sapeva già bene cosa fosse la guerra, nel ’92 con la sua famiglia prese l’ultimo treno disponibile per Lubiana, quindi si rifugiò in Germania; ma l’esilio forzato ma salvifico non durò a lungo perché le autorità tedesche si rifiutarono di estendere loro il permesso di soggiorno e a malincuore dovettero far ritorno nella capitale bosniaca. Fu in quel periodo che Pasic mise in piedi un folle progetto: nel bel mezzo dell’assedio, lui pensò ai bambini, senza distinzioni di razza o religione. Era maggio e con un semplice annuncio che fece il passa parola della città, convocò quanto più ragazzini avessero voluto alla Skenderija, la vecchia Olympic Hall, semplicemente per giocare a pallone.

La storia della Bubamara è di quelle buone per farci un libro o un documentario; vorremmo raccontarvela ma qualcuno lo ha già fatto molto bene per noi qui e pure qui. In una recente intervista Pasic racconta: “Più di quaranta bambini sono poi diventati giocatori professionisti, sei o sette giocano a livello internazionale. La più grande delusione della mia vita fu quando andai ai Mondiali del 1982 e non giocai neanche un minuto, ma questo mi ripaga della delusione: un Bubamara Boy, Ervin Zukanovic, giocherà con la Bosnia ai Mondiali!“. Già, i Mondiali: Zukanovic giocava da cinque anni in Belgio, l’ultimo ottimo a Gent, il ct Susic lo inserisce nella lista dei 24, poi però per un incredibile intoppo burocratico non ottiene il visto per gli Stati Uniti, dove la Bosnia avrebbe svolto parte del ritiro prima del torneo.

Rimane a casa, deluso, ma intanto il direttore sportivo del Chievo, al secolo Luca Nember, intavola una fulminea trattativa col Gent e se lo porta a Verona (prestito con diritto di riscatto); inizio di stagione folgorante, difensore roccioso dai piedi buoni, trova il gol con facilità e ieri a Parma ha mostrato a tutti anche le sue doti da calcio da fermo. Un regalo niente male per festeggiare i 28 anni compiuti proprio l’11 febbraio. Su di lui ci sono già gli occhi della Fiorentina che vorrebbe comprarlo per la prossima stagione, Nember intanto lo elogia senza mezzi termini:

“Stupisce non tanto per come gioca ma per quanto ci ha messo ad ambientarsi. Ha sempre segnato in carriera, avevo già intravisto queste qualità, ma ha bruciato le tappe ed avuto subito un grande impatto. E’ destinato ad ambire a traguardi importanti”.

Appena atterrato in Veneto, l’estate scorsa, rispose alle domande dei cronisti senza peli sulla lingua:

“Era da cinque stagioni che giocavo in Belgio, per me era tempo di lasciare quel paese perché avevo bisogno di nuovi stimoli. Perché ho scelto l’Italia? Perché il mio stile di gioco si addice al campionato italiano. Sono un giocatore intelligente, mi piace giocare il pallone, ho un buon piede sinistro e questo è tutto. La Serie A è uno dei campionati migliori d’Europa. Ho molti amici che giocano in Italia e per questo motivo conosco molte cose della Serie A”.

E dopo sei mesi i tifosi hanno cominciato a conoscere bene anche lui: un combattente a cui la vita non ha regalato niente, se non una coccinella in mezzo alle bombe. Una Bubamara che a Zukanovic ha dato l’opportunità di avere un futuro. Oggi al Chievo, domani chissà.

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ultimo aggiornamento: 12-02-2015


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